Una serata di fede e partecipazione intensa ha animato Tolmezzo in occasione della memoria liturgica di Maria Ausiliatrice, sabato 24 maggio. Alla processione mariana — dal Duomo cittadino fino al cortile del Collegio salesiano Don Bosco — hanno preso parte numerosi sacerdoti, tra cui i salesiani della comunità locale, il parroco mons. Angelo Zanello, insieme a don Alessio Geretti e don Giampietro Fossà, parroco di Villa Santina. Hanno accompagnato la statua della Madonna i ragazzi dell’oratorio e i bambini della parrocchia che si sono recentemente accostati alla Prima Comunione e alla Prima Confessione.
Nonostante una giornata incerta dal punto di vista meteorologico, il cielo terso della sera ha regalato alla processione un’atmosfera suggestiva, accolta con gioia da tanti fedeli giunti anche da altri paesi della Carnia.
Ad allietare i canti della processione ha contribuito la Banda Musicale di Sutrio, che con la sua presenza ha impreziosito ulteriormente il clima di festa e raccoglimento.
A presiedere la celebrazione è stato don Gaetano Finetto, Salesiano, che nella sua riflessione ha ripercorso le radici profonde della devozione a Maria Ausiliatrice, ricordando come essa si intrecci con la storia della comunità salesiana di Tolmezzo fin dal 7 ottobre 1926, data in cui i primi Salesiani iniziarono la loro presenza in città.
La riflessione ha toccato anche uno dei nodi più delicati della società contemporanea: la tentazione dell’autosufficienza. «C’è un virus sottile che si insinua nella mentalità di oggi», ha detto il sacerdote, «quello che ci fa credere di poter vivere da soli, di essere autosufficienti. Ma questo porta inevitabilmente alla solitudine. Se ognuno pensa solo a sé, allora nessuno può contare su nessuno».
È in questa prospettiva che la festa di Maria Ausiliatrice assume un significato profondo: ci ricorda che abbiamo bisogno della cura di Dio, che si fa vicino a ciascuno di noi anche attraverso lo sguardo materno della Vergine. «Mi piace ricordare», ha aggiunto don Gaetano, «l’episodio delle nozze di Cana: Maria non dice nulla, ma con uno sguardo percepisce il bisogno e chiede a Gesù di intervenire. Così fa con ciascuno di noi».
Infine, l’invito a lasciarsi trasformare da questa esperienza di fede: «Tornando nelle nostre case, impariamo a guardare con occhi nuovi i bisogni di chi vive accanto a noi — in famiglia, sul pianerottolo, a scuola o sul lavoro — e a essere segno di quella cura che Dio ha per ogni sua creatura. Anche per questo esistiamo noi cristiani: per testimoniare un Dio che ha cura, e che attraverso Maria continua a farsi vicino».
La serata si è conclusa con la benedizione solenne, pronunciata con le stesse parole che Don Bosco era solito usare per affidare i suoi giovani alla protezione dell’Ausiliatrice.
Bruno Temil