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Un Papa con grandi capacità di mediazione fa ben sperare. Parola del diplomatico Zanardi Landi

Ponti e dialogo. Queste le parole che – insieme all’evocativa immagine di una «pace disarmata e disarmante» – illuminano i primi giorni di pontificato di Leone XIV, alimentando attese e speranze anche rispetto a quella che sarà la sua visione del mondo. Come si muoverà quindi il Papa “panamericano”, cresciuto in Illinois, ma vissuto vent’anni da missionario in Perù? Qualche strumento per decifrare meglio il suo sguardo sulla complessità del presente, dovrebbe venire dall’incontro con il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, in programma per venerdì 16 maggio. Le questioni più urgenti e più calde – è quasi superfluo ricordarlo – sono la guerra in Ucraina, il conflitto in Palestina, i rapporti con la Cina e con gli Stati Uniti di Donald Trump. Nonché l’attenzione per il cosiddetto “global South”, il “Sud globale”. Nel frattempo Prevost ha ricevuto una telefonata dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky – il primo capo di Stato a chiamarlo, secondo l’ambasciatore ucraino Andrii Yurash – con l’invito a recarsi a Kiev.

Su la Vita Cattolica del 14 maggio 2025 ne abbiamo parlato con il diplomatico udinese Antonio Zanardi Landi, ambasciatore del Sovrano Ordine di Malta presso la Santa Sede. Consigliere diplomatico del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e poi, nei primi mesi del suo mandato, del presidente Mattarella, Zanardi Landi ha svolto il ruolo di ambasciatore in Russia e a Belgrado. Ha inoltre prestato servizio anche a Ottawa, Teheran e Londra. Qui una sintesi dell’intervista pubblicata sul settimanale, a firma di Anna Piuzzi.

Al collegio dei cardinali riuniti in conclave «spettava una decisione difficile e importantissima per una Chiesa che riunisce oggi anime e sensibilità molto diverse – afferma Zanardi Landi –. E poi per il mondo travagliato dai 54 conflitti che rappresentano la terza guerra mondiale a pezzi annunciata da Papa Francesco».

In questo contesto si è scelto ancora una volta un appartenente a un ordine religioso, è un caso?
«Una scelta che abbiamo già visto in altri momenti di profondissima crisi. Basti pensare che nel XII secolo, quando gli uomini avevano l’impressione che si fosse smarrita la strada, la Chiesa fece ricorso a ben cinque Papi dell’Ordine Benedettino, ordine che era considerato il custode della cultura e l’elaboratore di nuove idee nel solco dell’insegnamento dei Padri della Chiesa. E poi un altro grande balzo venne fatto con l’elezione del primo papa Gesuita della Storia: Papa Francesco. Forse proprio per la difficoltà di interpretare un mondo in così rapido e tumultuoso cambiamento, i Padri Conciliari si rivolsero ad un ordine di frontiera, sempre interessato al rapporto con il diverso».

E oggi un agostiniano…
«Esattamente. E dunque mi pare vadano evidenziate la ricerca comune di Dio in unità di mente e cuore; la vita fraterna e la comunione ecclesiale come segno della città celeste; la dedizione al servizio della Chiesa e degli uomini, specialmente i più bisognosi; l’interiorità e la vita contemplativa come via per incontrare Dio nella storia e poi l’amore e la solidarietà vissuti nella comunità e nella missione».

Il dialogo e la costruzione di ponti come strumento di pace sono stati i suoi primi riferimenti.
«Sono un tratto caratterizzante. Leone XIV mi sembra il meglio attrezzato per ricucire, per superare le differenze nelle apparenze e nelle sensibilità, e ritornare così all’essenza unificante fortissima del messaggio».

Anche a livello globale?
«Siamo in un secolo di parcellizzazioni, di divisioni e di radicalismi. Chi meglio di un Papa nato a Chicago, che ha servito, ed è stato tanto amato, in Perù? Che in Curia è stato apprezzato per serenità ed equilibrio? Con una radice religiosa profondissima nelle algerine Tagaste ed Ippona?».

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