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Uomo di comunione, unità, carità e pace

Dopo aver celebrato i funerali di Papa Francesco come un momento di ringraziamento e di lode al Signore per avercelo donato, si comincia a guardare al futuro della Chiesa: la data ormai segnata sui calendari di tutto il mondo è mercoledì 7 maggio, inizio del conclave. Ci attendono giorni di ipotesi, di “toto-nomi”: chi sarà il prossimo Papa? Sarà italiano? Sarà un curiale? Sarà conservatore o progressista? Come se queste categorie possano definire una figura come il “Servo dei Servi di Dio”. Fuggendo la legittima curiosità di chi in questo momento si interroga su quale dei cardinali salirà al soglio pontificio, vale la pena di porci in un’altra ottica, andando ai fondamenti del nostro essere Chiesa. Chi è il Santo Padre? Cosa rappresenta il Papa per noi cattolici e quale segno è per il mondo intero?

Una prima risposta, sintetica, giunge dal Concilio Vaticano II: «Il romano Pontefice, successore di Pietro, e i vescovi, successori degli apostoli, sono uniti tra loro. […] Il collegio o corpo episcopale non ha però autorità, se non lo si concepisce unito al Pontefice romano, successore di Pietro» (Lumen Gentium 22).

Il primo aspetto, dunque, è la “Comunione”. A differenza di tutte le altre organizzazioni democratiche, dove il potere viene dal popolo, la Chiesa ha una struttura al contempo “gerarchica” e “comunionale”. L’elemento gerarchico della Chiesa consiste nel fatto che è Cristo stesso che opera in essa attraverso i suoi ministri (e questo ci ricorda sempre una grande libertà: la Chiesa non è nostra, ma di Cristo stesso!); quello collegiale, invece, ricorda che Gesù ha affidato il complesso della fede alla comunità di dodici apostoli, i cui successori reggono la Chiesa sotto la Presidenza del magistero petrino, il Papa. È la Chiesa “apostolica” definita tale nel Credo niceno-costantinopolitano, che professiamo la domenica.

Il Concilio parla anche di un altro aspetto: “l’Unità”. Il Papa non può mai essere una guida autonoma e separata dall’episcopato di tutto il mondo. Se il Santo Padre rappresenta l’unità della Chiesa (e ne è garante), i Vescovi hanno il compito di renderla visibile nelle loro Chiese particolari, le Diocesi, rendendo evidente il fatto che essa, la Chiesa, è composta da tutto il popolo di Dio, fedeli laici compresi. Ecco perché non è mai possibile sganciare la figura del Papa dalla Chiesa tutta. La quale, peraltro, in ogni Eucaristia prega per il Vescovo locale e per il Papa di tutti.

Ulteriore tema è quello della “Carità”, ricordata a sua volta in Lumen Gentium. Riprendendo un’indicazione precisa sul compito del Papa, la Lettera ai Romani di Sant’Ignazio d’Antiochia afferma che la Chiesa di Roma: «presiede alla carità, che ha la legge di Cristo e porta il nome del Padre» (Prologo). Dunque, la comunità cristiana di Roma, edificata sul martirio degli apostoli Pietro e Paolo, ha un peso esclusivo nell’esercitare una sorta di “primato nell’amore” e il suo Vescovo – il Papa – non può che impegnarsi a presiedere la Chiesa tutta nella carità. A questo proposito, credo che ciascuno di noi abbia in mente i Papi che si sono succeduti al soglio pontificio negli ultimi cento anni, riconoscendone universalmente questa caratteristica, ciascuno con i propri tratti umani, ma sempre con il medesimo intento.

Infine vi è la “Pace”: è il primo dono che il Signore Risorto concede agli apostoli (ricordiamo il Vangelo di domenica scorsa? «Pace a voi!») e ha a che fare con la consapevolezza che l’umanità è definitivamente da Lui salvata, redenta dal peccato e dalla morte. Non per nulla la tradizione romana si riferisce al Papa come al “Pontefice”, il costruttore di ponti. Questo dono dello Spirito è l’annuncio e la testimonianza di duemila anni di cristianesimo. Non solo per i credenti in Cristo, ma come possibilità offerta a tutta l’umanità, particolarmente la più fragile e indifesa.

Quattro parole, quattro passaggi che possono sintetizzare i tratti inconfondibili della Chiesa e del successore di Pietro, al di là dei nomi “papabili” che si possono ipotizzare. Questo è il motivo più importante per cui pregare in questi giorni: lo Spirito Santo sappia intravedere nel collegio cardinalizio l’uomo più innamorato di Cristo, capace di comunione, di unità, di carità e di pace per gli anni che verranno.

Don Daniele Antonello

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