I profumi della primavera, il sole che (quando si vede) inizia a scaldare. Campane a festa. E tante “vesti bianche” che si avvicinano alle chiese nelle domeniche del tempo di Pasqua: bambini e bambine inghirlandati per la loro prima comunione. Non senza mugugni da parte degli “affezionati” domenicali per una Messa ridotta a un set cinematografico o, calcolatrice alla mano, per un numero di piccoli comunicandi giudicato «simpri di mancul». Le feste della prima comunione sono elementi di gioia o sintomi di difficoltà? «Questo momento vuole giustamente sottolineare l’importanza del primo incontro con Gesù Eucarestia. Solo che spesso diventa la prima di pochissime comunioni, oppure la prima di tantissime vissute in maniera superficiale» afferma don Marcin Gazzetta, che in quanto direttore dell’Ufficio diocesano per l’Iniziazione cristiana e la catechesi – nonché parroco a Feletto Umberto – può godere di un osservatorio privilegiato.
Don Gazzetta, una festa così “sfarzosa” per la prima comunione aiuta a comprenderne il significato?
«Caricare questa celebrazione di tanto significato è un rischio. Personalmente ai bambini della prima comunione auguro due cose: che non sia la prima di poche comunioni e al contempo che non si abituino mai a ricevere Gesù nell’Eucarestia; due atteggiamenti che vanno nella direzione opposta rispetto a quello che tante volte viviamo.»

Un tempo era la Cresima, in modo ironico, a essere definita “Sacramento dell’addio”. Oggi è la prima comunione?
«Il problema principale, oltre al calo demografico e a una crisi di fede un po’ generalizzata, penso sia legato a una concezione errata di quello che è il cammino dell’iniziazione cristiana.»
In che senso?
«Nel senso che i sacramenti non sono il fine del catechismo, ma sono delle tappe di un cammino molto più ampio. Se si vive il catechismo solamente per accedere al sacramento, ci si accontenta di fare la prima confessione come tappa di preparazione alla comunione, si fa la comunione e poi, non con grandi percentuali, ci si ripresenta per la cresima. E questo è il risultato più evidente di una concezione sbagliata, erronea o incompleta.»
Va invertita la prospettiva?
«La catechesi è ancora vissuta in vista dei Sacramenti, ma i Sacramenti sono tappe di un cammino più ampio.»
Parliamo quindi dei percorsi in preparazione alla prima comunione. Come sono sviluppati?
«Il percorso prevede un anno per aiutare a comprendere l’importanza della comunione sacramentale con l’Eucaristia. I bambini sono portati a scoprire la Santa Messa, l’ultima cena e il significato della Pasqua ebraica, da cui Gesù trae il significato del pane e del vino. Ma è importante non fermarsi a questo, altrimenti torniamo al problema precedente.»
L’intervista completa, a cura di Giovanni Lesa, è pubblicata nell’edizione de La Vita Cattolica del 21 maggio 2025.