Faticare per trovare un posto a sedere, pur arrivando con un discreto anticipo. Sarà perché è la Messa “di orario” con i suoi consueti fedeli, sarà perché è comunque l’occasione per stringersi attorno all’arcivescovo Riccardo per il suo terzo anniversario di ordinazione, sarà per i numerosissimi giovani – dalle magliette variopinte, come vuole la tradizione dei gruppi parrocchiali – presenti perché in partenza per il “loro” Giubileo. Fatto sta che molte, moltissime persone domenica 29 giugno hanno partecipato alla Messa delle 19 in Cattedrale a Udine stando in piedi, o assiepandosi sui gradini delle cappelle laterali del duomo udinese. Un bell’abbraccio a “don Riccardo”, reduce da due giorni con centinaia di chilometri percorsi in lungo e in largo, tra Friuli e Carnia, per stare vicino a quello che ormai a tutti gli effetti è il “suo” popolo.
Suona la campana, una distesa di stole e casule rosse – come il sangue versato da Pietro e Paolo, è loro la solennità del 29 giugno – si riversa dalla sagrestia e si mescola con ordine alle magliette colorate dei giovanissimi. Sullo sfondo, le note – loro invece in bianco – della Cappella musicale della Cattedrale, che più tardi ha proposto, per l’occasione, il sontuoso “Tu es Petrus” di Perosi. Una mescolanza di colori che trova un primo riscontro nelle parole con cui l’arcivescovo mons. Riccardo Lamba ha aperto l’omelia: «È significativo che Pietro e Paolo siano celebrati insieme, soprattutto perché erano molto diversi», ha esordito, riferendosi proprio ai differenti “colori” con cui i due apostoli hanno dipinto la Chiesa delle origini. «Essi hanno accettato la diversità e talvolta si sono scontrati, ma sapevano che Cristo li teneva saldamente uniti. Cosa significa questo esempio per noi? – ha incalzato – Che le nostre diversità possono essere unite solo in Gesù Cristo. Saremo così testimoni dell’unico Signore, cercando la comunione tra di noi».

«Da Pietro e Paolo, come per noi, modi diversi per conoscere Cristo»
L’Arcivescovo è tornato poi su un tema a lui caro, ripetuto con insistenza anche da Papa Leone XIV. «Anche il rapporto dei due apostoli con Gesù è stato molto diverso», ha spiegato. «Pietro si è subito riconosciuto peccatore e rinnegato, ma Gesù l’ha accompagnato. Paolo invece ha conosciuto Cristo in modo indiretto, innanzitutto da persecutore. Pietro “l’operativo”, come un buon friulano – ha scherzato mons. Lamba -, e Paolo “l’intellettuale”. Così noi: conosciamo Gesù in modi diversi… Il Papa – ha proseguito l’Arcivescovo – continua a ripetere che dobbiamo incontrare assiduamente Cristo. È lì che si sperimenta la Grazia: nell’incontro con Gesù. Qui sta la vera esperienza di fede, non altrove. Pietro e Paolo l’hanno sperimentato tanto da essere poi divenuti evangelizzatori missionari».
«Non diciamo: “sono fatto così”: il Signore ci chiama ugualmente»
L’Arcivescovo, che ha espresso gratitudine ai presenti per la preghiera nel suo terzo anniversario di ordinazione episcopale, non ha voluto far mancare un pensiero legato alla vocazione sua personale e di tanti altri sacerdoti. Sempre, tuttavia, prendendo spunto dai “suoi” patroni: non dimentichiamo, infatti, che mons. Lamba è prima di tutto un sacerdote del clero romano, che ha nei due apostoli i suoi patroni. «Per Pietro e Paolo la conoscenza di Gesù è passata dal fallimento. Eppure Cristo ha scelto proprio loro…» ha ricordato. «Per tutti noi dev’essere così: non possiamo dire “non sono capace” o “sono fatto così…”. La grazia di Dio è più grande del nostro “sono fatto cosi”. Guardate noi sacerdoti: Dio ci ha scelti anche se non abbiamo qualità particolari». E, rivolto ai moltissimi giovani presenti in Cattedrale, mons. Lamba ha affermato di essere «sicuro che il Signore sta chiamando ancora tanti tra voi. Non c’è nessun determinismo nella vocazione, ma la libertà di rispondere alla chiamata».
A Roma «per cambiare»
La Messa del 29 giugno non era dedicata solo all’anniversario dell’ordinazione episcopale dell’Arcivescovo udinese. Esattamente a metà dell’Anno Santo, infatti, erano molti i pellegrini presenti, già recatisi a Roma nei mesi precedenti o in procinto di preparare lo zaino e partire per la capitale e le sue Porte sante. Da mons. Lamba – a sua volta “reduce” dal recente Giubileo dei seminaristi – un pensiero anche per tutti loro: «Andare a Roma in pellegrinaggio – ha affermato – è sentire il fuoco dell’amore di Gesù che da dentro ci trasforma e fa dire agli altri “sei diverso! Non sei più lo stesso!”. È vero che ognuno di noi è fatto così com’è, ma lo Spirito Santo fa sì che ci convertiamo continuamente, dicendo infine come San Paolo: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”. Così la nostra diventa una vita di speranza!»
Giovanni Lesa