«Sulle Alpi non c’è nessun ghiacciaio messo peggio di quelli del Canin e del Triglav. Che sostanzialmente non esistono più». Ce lo ha detto Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente e presidente di Cipra Italia, che nei giorni scorsi ha compiuto una ricognizione sul posto con la Carovana dei ghiacciai 2024 di Legambiente. «Quel poco che resta di quei ghiacciai è coperto da sassi, terra, dai resti rocciosi dei distacchi, degli smottamenti». Ma ecco l’analisi puntuale degli esperti che hanno visionato quei resti.
Canin, come un campo da calcio
Il Ghiacciaio del Canin è passato da una superficie di 9,5 ettari negli anni 50 a 1,4 ettari, pari a poco più di un campo da calcio. E lo spessore medio del ghiaccio, che agli inizi del ‘900 superava in alcuni punti i 90 metri, oggi arriva appena agli 11 metri. Stessa sorte quella del Ghiacciaio del Triglav, in Slovenia che, nonostante sia quello posto alla quota più elevata nelle Alpi Giulie (2.700 metri), ha registrato un’importante perdita di superficie passando da 40 ettari (del 1946) a circa a 0,2 ettari nel 2022, riducendosi del 98%.
“Resiste” il Montasio
Pur essendo situato molto più in basso (1.900 metri) “resiste” ancora, invece, il Ghiacciaio del Montasio (con superficie di 7 ettari, 0,07 km²); a giocare a suo favore l’esposizione settentrionale che gli garantisce ombra, gli accumuli di valanghe e le elevate precipitazioni, nell’inverno 2023-2024 pari a 8 metri di neve. Due anni fa la stessa Carovana lo aveva trovato languente.
«Con la scomparsa dei ghiacciai la Terra sta perdendo uno dei suoi più grandi ecosistemi», commenta Bonardo. Legambiente e la Carovana, perlustrando il Canin e il Triglav, hanno ricordato che in Italia meno della metà delle zone glaciali si trova in aree protette ed hanno lanciato quindi una road map con 5 azioni per garantire una maggiore tutela della biodiversità in alta quota.
Un approfondimento sul tema si può leggere sulla Vita Cattolica dell’11 settembre 2024