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Politica

Confindustria, tre bandiere contro l’antieuropeismo

La presidente di Confindustria Udine, Anna Mareschi Danieli, ha esposto a palazzo Antonini le bandiere friulana, italiana ed europea, messaggio europeista in vista delle elezioni. “Spetta a ciascuno di noi assumere una posizione chiara e decisa contro chi vuole convincerci che sarebbe meglio tornare ad essere i ‘padroni a casa nostra’. 

Da oggi, la facciata di palazzo Torriani “parlerà” ai friulani e non solo. Porterà un messaggio importante: “Meno individualismo e più Europa, senza tralasciare chi siamo e da dove veniamo”. Quindi la sede di Confindustria Udine esporrà tre bandiere: friulana, italiana ed europea.

La presidente ha lanciato questa proposta durante una recente riunione del Consiglio generale di Confindustria, a Roma, ottenendo il consenso unanime dei vertici della categoria. L’iniziativa ora diventa realtà, in piena sintonia con le posizioni sull’Europa che Confindustria stessa ha assunto in questo periodo di avvicinamento alle elezioni di fine maggio, considerate un appuntamento cruciale per i destini dell’Italia che fa impresa e che lavora.

“In un periodo nel quale i problemi da affrontare sono tanti, gravi e comuni – spiega la presidente Mareschi Danieli – è paradossale pensare di potercela fare da soli. Non vale per un singolo Comune nei confronti della Regione, non vale per la nostra Regione nei confronti del Paese e non vale per le forze politiche nazionali nei confronti dell’Europa. Fra Cina e USA non ci sta l’Italia bensì l’Europa. Quindi Europa sì, ma rivista, con nuove riforme, meno competizione interna e più potere sullo scacchiere internazionale”.

“Ora spetta a ciascuno di noi assumere una posizione chiara e decisa contro chi vuole convincerci che sarebbe meglio tornare ad essere i ‘padroni a casa nostra’. Europa non significa perdere la nostra identità nazionale, ma riconoscere che abbiamo bisogno gli uni degli altri per essere più forti, riconoscendo le robuste differenze che esistono tra i Paesi europei (differenze di storia, di esperienza, di cultura, di lingue). L’Italia, fra l’altro, è in una situazione di debolezza reale, causata da un debito pubblico record (2.358 miliardi di euro, il 133% del Pil, contro una media europea dell’83%, secondo in Europa solamente alla Grecia), che non è il motivo principale per il quale abbiamo bisogno dell’Europa, ma rappresenta sicuramente un fatto da non trascurare. Ci troviamo a dover affrontare sfide complesse (digitalizzazione, sostenibilità ambientale, flussi migratori, sistema infrastrutturale, formazione e lavoro giovanile) che non possiamo permetterci di affrontare in solitudine”.

“La retorica antieuropea, purtroppo, è diventata il pensiero dominante, addirittura ha scalzato la storica contrapposizione tra destra e sinistra, trasformandola in una divisione tra europeisti e antieuropeisti. Del resto, la lamentazione è sempre stata la strada più facile da percorrere, specie se sostenuta da un certo malcontento popolare, che – guarda caso – non si sentiva quando venne applicato il quantitative easing, che ha permesso il collocamento del debito italiano in periodi in cui il mercato pretendeva rendimenti per noi pressoché insostenibili. Noi non siamo assolutamente d’accordo con chi scarica la sua insoddisfazione sull’Europa (pur consci che qualche responsabilità quest’ultima ce l’ha), e ci assumiamo l’impegno, per quanto ci compete, di raccontare una storia diversa, fondata su un New deal, perché questa Europa ci ha dato pace, benessere e una qualità della vita che credo pochi italiani di buon senso scambierebbero con altri modelli vigenti in altre aree del mondo”.

“L’obiettivo del prossimo Parlamento europeo per noi è chiaro: crescita inclusiva, occupazione e benessere per i cittadini. Realizzare un’Europa che diventi il miglior luogo dove vivere e fare impresa, in una sana competizione con gli altri grandi player mondiali, con i quali – lo ribadisco – non possiamo giocarcela da soli. Servono una visione ambiziosa e proposte forti, volte a rilanciare il processo di integrazione, oggi messo a repentaglio dal deteriorarsi del clima politico, sociale ed economico, e che permettano di recuperare il senso delle “tre P”, cioè Pace, Protezione e Prosperità, su cui l’Unione ha basato le proprie fondamenta”.

 

“In questo scenario – conclude Anna Mareschi Danieli –  riteniamo dunque necessario invertire il paradigma del Patto di Stabilità e Crescita, con politiche forti, che intervengano in maniera decisa sul clima di sfiducia e malcontento che pervade quei cittadini europei convinti che l’Unione non sia in grado di proteggerli dalle minacce esterne e li esponga, sul piano interno, a minori garanzie e diritti, generando impoverimento e precarietà. Riforme che riportino in capo alle istituzioni europee le decisioni e le conseguenti responsabilità, facendo sì che i cittadini si sentano inclusi e non estranei alle scelte che, in modo così rilevante, incidono sulla loro vita. Occorre aprire una nuova stagione di riforme, che restituisca il sogno e la speranza ai cittadini europei. Per farlo, la nostra visione mette al centro tre concetti chiave: più lavoro, più crescita, più peso internazionale”.

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