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Chiesa

Confini, dichiarazione congiunta dei vescovi di Gorizia, Trieste e Koper

«Il transito di tanti fratelli che giungono nelle nostre terre percorrendo la rotta balcanica deve continuare per noi ad essere non motivo di preoccupazione, ma stimolo a testimoniare ogni giorno, senza interruzione e con rinnovato vigore quella diakonia dell’accoglienza a cui siamo chiamati»

Le tragiche notizie che giungono dalla Terra del Signore portano anche fra di noi le conseguenze di quella che nel 2014 proprio a Redipuglia papa Francesco definì una “terza guerra mondiale combattuta a pezzi”.
In questi giorni si sono tornati a considerare anche i confini fra Italia e a Slovenia come luoghi da presidiare.
Pur comprendendo le ragioni alle basi di queste decisioni degli Stati, non possiamo non ricordare – guardando alla storia di queste nostre terre – che le nostre popolazioni sono state capaci di trasformare le divisioni e le differenze culturali, linguistiche, storiche in occasione di memoria reciprocamente donata. E così proprio i confini si sono trasformati in luogo di incontro e di accrescimento reciproco come testimonia, fra l’altro, la scelta di fare di NovaGorica, insieme a Gorizia, la Capitale europea della cultura 2025.
Il transito di tanti fratelli che giungono nelle nostre terre percorrendo la rotta balcanica deve continuare per noi ad essere non motivo di preoccupazione ma stimolo a testimoniare ogni giorno, senza interruzione e con rinnovato vigore quella diakonia dell’accoglienza a cui siamo chiamati e di cui, come credenti, saremo chiamati a rendere ragione.
Affidiamo a Maria, regina della pace che le nostre popolazioni pregano in tanti santuari da MonteSanto – Svetagora a Monte Grisa, il nostro impegno per essere costruttori di pace.

+ Carlo Roberto Maria Redaelli, arcivescovo di Gorizia
+ Enrico Trevisi, vescovo di Trieste
+ Jurij Bizjak, vescovo di Koper


Immagine di mb-photoarts su Freepik

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