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Commento al Vangelo

«Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo»

Commento al Vangelo del 24 dicembre, Natale del Signore, primi Vespri
(
Is 62,1-5; Sal 88; At13, 16-17.22-25; Mt, 1,1-25).
A cura di don Nicola Zignin

 

Quest’anno avrei potuto scegliere di commentare diversi Vangeli per questa domenica, essendo divisa in sé stessa tra l’Avvento e il Natale. Per sciogliere l’enigma ho scelto di commentare il Vangelo della Messa natalizia Vespertina, pienamente all’interno della domenica e allo stesso tempo pienamente dentro il Natale.

Cos’ha dell’Avvento questo Vangelo? Ha tutta la genealogia a partire dalla promessa ad Abramo, passando per il re Davide, per la deportazione a Babilonia e arrivando finalmente a Gesù Cristo. Una lunga attesa, non di quattro, quest’anno tre settimane, ma di 2000 anni, un’attesa di liberazione, un’attesa di gioia, un’attesa di compimento; una liberazione, un compimento che non possiamo darci da noi, ma che Dio non vuole darci senza di noi.

Qui sta la meraviglia del testo, che dopo aver citato una lunghissima serie di generazioni, passando per re buoni e cattivi, donne adultere e sante, poveri nomadi e personaggi potenti, ha come penultimo anello di questa catena il secondo per importanza e santità rispetto a Cristo, almeno tra coloro che non sono immacolati; è un povero uomo dal cuore regale: Giuseppe, lo sposo di Maria.

Giuseppe amava Maria e verso di Lei aveva progetti bellissimi e semplicissimi, desiderava prenderla in casa sua, custodirla, avere con lei dei figli e morire tra le sue braccia, portando nel mondo l’obolo di una vita onesta, casta. In tutto questo Dio aveva per Lui un progetto “più bellissimo” e “più semplicissimo”. Nel piano di Dio Giuseppe avrebbe dovuto prendere con sé Maria, che non era però solo una santa donna ma era la Tutta Santa, la bellezza perfetta, la creatura senza macchia. Avrebbe dovuto custodire Colei che nella gerarchia del Cielo era la sola al di sopra di Lui. Non avrebbe avuto figli da Lei, perché il Figlio che doveva crescere era il Figlio di Dio, pari a Dio eppur affidato alla sua custodia. Sarebbe morto tra le braccia di Maria, ma avvolto da una bellezza dentro e fuori di sé che sapeva di Cielo e di eternità.

Giuseppe avrebbe portato il suo obolo custodendo la sua famiglia e praticando con onestà il suo lavoro, quel obolo, però, inserito nel piano di Dio, veniva ipervalutato. Avrebbe amato Maria non solo senza possesso, ma in castità completa, entrando però con Lei in un’intimità di vita che mai nessun matrimonio ha conosciuto e conoscerà, sarebbe stata la sua una vita nascosta tra le grandi pieghe della storia, eppure poiché nascosta in Dio sarebbe diventata la storia più famosa di tutte e San Giuseppe il santo per ogni evenienza.

Quanto condizionale ho usato in questo commento! Perché anche il piano di Dio ha una condizione per diventare realtà: il nostro «sì». Ebbene, il «sì» di Giuseppe ha reso questo piano da possibile ad attuale e l’ha reso un piano straordinario, da cui tutti possiamo attingere.

E tutto è partito da un atto più che semplicissimo, il suo «sì» a Dio, fatto senza parole, ma con un atto a cui ne seguirono molti altri, l’obbedienza: “Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore…”. Quel atto più che semplicissimo possiamo farlo tutti, seguendo quanto ci suggerisce lo Spirito Santo, per godere anche noi di una vita più che bellissima, in Cristo Gesù nostro Signore.

don Nicola Zignin

 

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