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Chiesa

Immigrati con l’Arcivescovo in preghiera per l’Ucraina

Padre Roman Pelo: «La guerra è un disastro. Preghiamo perché si concluda il più presto possibile»

Si ritroveranno questa sera alle 20 nella chiesa di S. Maria della Neve, in via Ronchi a Udine: sudamericani, africani, europei… tutte le comunità di immigrati cattolici della diocesi, insieme, per pregare in vista della Santa Pasqua, guidate nell’adorazione Eucaristica dall’Arcivescovo mons. Andrea Bruno Mazzocato. Una veglia che – spiegano gli organizzatori dell’Ufficio diocesano per i migranti – è dedicata particolarmente al popolo ucraino, in unione con la Comunità Greco-Cattolica presente in Friuli.

Assistita pastoralmente dal sacerdote ucraino padre Roman Pelo, la comunità degli ucraini greco-cattolici ha come punto di riferimento in città la chiesa di San Pietro martire, nei pressi di piazza San Giacomo e conta circa trecento persone. A loro si uniscono talvolta anche ucraini che appartengono alla chiesa protestante e ortodossa e, di recente, numerosi profughi. «Ne sono arrivati diverse decine nelle scorse settimane – riferisce padre Roman, intervistato ai microfoni di Radio Spazio –. La maggior parte di loro ha raggiunto parenti che lavorano qui in Friuli da tempo».

Padre Roman non nasconde la preoccupazione per i connazionali ancora in Ucraina. Lui stesso ha diversi parenti rimasti nel Paese: «La guerra è un disastro. Oggi abbiamo profughi interni ed esterni e alcune città praticamente non esistono più. Preghiamo perché tutto questo si concluda il più presto possibile».

Il sacerdote è nato vicino a Leopoli, «una zona tra quelle meno colpite, tutto sommato – dice – ma che non è stata esente da raid». «Anche la convivenza tra le persone, in Ucraina, è cambiata in queste settimane – spiega –. Prima di questo conflitto il Paese era diviso, tra est e ovest. Oggi le cose sono cambiate…Abbiamo visto tanto altruismo e tanta carità. L’Ucraina si è unita molto e si è rafforzata, dal punto di vista nazionale ma anche sociale e linguistico».

E gli ucraini arrivati in Friuli? «Sono le madri, i figli e i nipoti di chi è rimasto in patria a combattere – continua padre Roman –. Cercano come possono di restare in contatto con i loro cari, la cui vita è appesa ad un filo. La sofferenza e la tensione sono comprensibilmente elevate e anche per questo padre Roman invita a cercare di affrontare giorno dopo giorno la situazione il più possibile con tranquillità. Anche nel caso di eventuali incontri con persone di nazionalità russa. «Non ho sentito di tensioni o litigi – aggiunge –. Io insegno ad evitare l’odio e la violenza e, se necessario, ad evitare confronti che possono alimentare ulteriori tensioni».

Tra i profughi giunti in Friuli in queste settimane c’è anche chi vuole già rientrare, in particolare nella zona più occidentale del Paese, dove l’avanzata russa sembra essersi arenata – riferisce p. Roman –. Tra coloro che sono fuggiti, la maggior parte spera di poter tornare presto a casa. Quelli che resteranno qui lo faranno forse perché là hanno già perso tutto». Proprio per aiutare chi del conflitto sta pagando il prezzo più alto, il sacerdote ha avviato nella sua comunità una raccolta fondi destinata a vedove, mutilati e orfani.

Nella foto: la comunità cattolica ucraina di Udine in preghiera 

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