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«Insieme abbiamo faticato, pregato, gioito». 8 giovani raccontano il loro pellegrinaggio a Roma

«Insieme abbiamo faticato, insieme abbiamo riso, pregato, gioito; insieme siamo stati felici». Nelle parole di Tommaso, Veronica, Simone, Gabriele, Arianna, Tommaso, Jessica e Rebecca è racchiuso tutto il senso di un’esperienza giubilare vissuta con entusiasmo e profondità. Gli otto giovani della Collaborazione pastorale di Palazzolo dello Stella sono stati di recente protagonisti di un pellegrinaggio a Roma, accompagnati dal sacerdote don Nicola Zignin. Un gruppo fatto di persone «apparentemente molto diverse tra loro, ma unite da un punto fermo – raccontano –: la fede, vissuta in modo personale, ma condivisa nella gioia. Forse quelle nove persone alla fin fine così lontane e diverse non erano». Al termine dell’intensa esperienza i protagonisti hanno voluto raccoglierne le emozioni in una sorta di diario affidato alla Vita Cattolica. Lo pubblichiamo integralmente qui, ringraziandoli per la bella testimonianza.

Curiosi di vivere una nuova esperienza insieme

Alla proposta di un viaggio e pellegrinaggio a Roma abbiamo risposto in nove, otto ragazzi più il nostro don Nicola. Un gruppo diverso per età, passioni ed esperienze: dai 15 ai 28 anni, alcuni studenti, altri già al lavoro, ognuno con le sue preoccupazioni, qualcuno abituato a viaggi simili e altri alla prima esperienza di questo tipo. Ci conoscevamo tutti, avendo già condiviso alcune esperienze, ma quasi nessuno era partito con un amico stretto al proprio fianco, con quella persona di fiducia che solitamente rende più semplice affrontare un viaggio. In un certo senso, ci siamo ritrovati a partire come un gruppo di singoli, curiosi di vivere un’esperienza per noi nuova.

Le differenze di età, interessi, carattere, una ricchezza. Abbiamo scoperto una fraternità sincera

Sulla carta sembrava un insieme eterogeneo, quasi casuale, e forse non era scontato che potesse funzionare davvero. Eppure, fin dai primi giorni, le differenze di età, di interessi e di carattere non si sono mai rivelate un ostacolo: anzi, hanno arricchito le nostre giornate, dando a ciascuno un ruolo e una voce. Abbiamo vissuto fianco a fianco, “costretti” a condividere tutto: i ritmi serrati, la fatica del cammino, i momenti leggeri e quelli seri. Ma proprio in questa condivisione forzata abbiamo trovato una fraternità sincera, fatta di piccole attenzioni reciproche, di complicità improvvise e di momenti di semplicità che hanno reso più lieve anche la stanchezza.

 

Tutto è iniziato col viaggio, sul furgone “Carlo”

Ogni storia che si rispetti inizia con un viaggio, e un pellegrinaggio non può esistere senza di questo. Il nostro, però, non è iniziato a piedi, ma su un furgone, da noi amichevolmente ribattezzato “Carlo”, in onore delle immagini del beato Carlo Acutis che lo decoravano. Un beato che ci ha sicuramente guidato in queste giornate e quel mezzo che è diventato un compagno fedele che eravamo ben contenti di vedere dopo lunghe ore di cammino. Infatti, in questo viaggio non ci è mai mancata la stanchezza… Eh, sì, poche ore di sonno e tante ore sotto il sole non hanno mai giovato a nessuno, ma siamo stati ben contenti di sopportarle trasformando la fatica in condivisione. Da subito, uno dei principali pensieri è stato intrattenersi a vicenda: sul furgone, tra battute e rapidi discorsi, hanno iniziato ad emergere le diverse personalità, ciascuna dedita a colorare il nostro viaggio in modo unico. C’era chi sosteneva che non fosse un vero viaggio senza qualche leccornia fatta in casa per addolcirlo, chi cercava di insegnare agli altri qualche gioco di carte, chi “deliziava” il gruppo cantando a squarciagola le sue canzoni preferite e chi si metteva alla prova con Taboo per dimostrare quanto stava imparando a conoscere gli altri e le loro passioni.

I momenti che ci hanno avvicinati e il senso del pellegrinaggio

Una delle qualità che ci ha contraddistinto in questo viaggio è stata la capacità di divertirci con poco. Spesso ci prendevamo in giro per piccole banalità, ma senza mai cattiveria o malizia: erano scherzi semplici, che finivano per unirci ancora di più. Come quando qualcuno ha sognato per due giorni un gelato senza mai riuscire ad averlo: ogni volta che tristemente passavamo davanti a una gelateria, la battuta era inevitabile. Da quel gioco è nata quasi una sfida positiva: non solo avremmo avuto un gelato, ma addirittura il posto migliore dove mangiarlo. Così è emersa una piccola passione condivisa, che ha legato due persone e che resterà per loro un punto di incontro.

Questo non è che un esempio delle mille situazioni che hanno fatto avvicinare una persona ad un’altra. I dettagli, in fondo, sono stati i veri protagonisti. Sono stati proprio i particolari – desideri semplici, fatiche affrontate insieme, gesti quotidiani – a farci conoscere lati degli altri che altrimenti sarebbero rimasti nascosti. È doveroso nel rispetto del nostro viaggio raccontare anche di una anguria, acquistata all’insaputa di don Nicola e portata con noi per un’intera giornata di cammino, diventandone un simbolo. Non era certo un peso indifferente sulle nostre spalle, ma quello smaliziato segreto tra noi valeva più della fatica e ha costruito fiducia e intesa. Inutile dire che, giunta la sera, è stata una grande festa condivisa nella memoria della giornata.

Non vogliamo però che qualcuno fraintenda ciò che abbiamo vissuto: i momenti di leggerezza e di divertimento sono stati frequenti, ma non hanno mai eclissato il senso ultimo del nostro viaggio. Un pellegrinaggio doveva essere, e un pellegrinaggio è stato. Abbiamo dimostrato a noi stessi di saper distinguere i momenti in cui era richiesta serietà e raccoglimento, in cui dare spazio alla crescita personale e fraterna.

 

La “lezione” della trattoria Gli Amici, che occupa persone con disabilità

La nostra prima tappa a Roma è stata significativa: la Trattoria de Gli Amici, un locale gestito da una cooperativa sociale promossa dalla Comunità di Sant’Egidio, dove lavorano persone con disabilità affiancate da professionisti e amici. In quel pasto ci è stata offerta una lezione semplice ma potente: una comunità autentica non si limita a includere tutti, ma riesce a trasformare la diversità di ciascuno in una ricchezza comune, capace di generare accoglienza e crescita. Non contano le difficoltà da affrontare, i limiti o i dubbi di chi ti circonda: quando si mette il cuore in ciò che si fa, la fatica viene ricompensata e porta frutto. Un messaggio che rispecchiava anche il nostro gruppo: diverso, ma chiamato a crescere insieme nella fraternità.

Le basiliche giubilari, la Porta Santa, la preghiera.. fin tra le braccia di Maria

Dopo questo primo assaggio, ci attendeva il cuore del nostro percorso: un pellegrinaggio tra le principali basiliche giubilari. Luoghi fondamentali per la cristianità, che nei secoli hanno accolto un’infinità di persone in cerca di grazia e speranza, e che oggi hanno lasciato un segno anche in noi. Abbiamo iniziato da San Pietro, dalle fondamenta della Chiesa. Qui non ci siamo limitati a varcare la Porta Santa seguendo la croce o ad ammirare la magnificenza che ci circondava: abbiamo voluto ritagliarci un piccolo momento di preghiera fraterna, costruendo la nostra piccola chiesa sulle fondamenta di chi ci ha preceduto.

Lo stesso spirito ci ha accompagnati nelle tappe successive: le basiliche di San Giovanni in Laterano, Santa Croce in Gerusalemme e Santa Maria Maggiore. In ciascuna di queste basiliche ognuno di noi ha portato qualcosa di sé nel segreto del suo cuore, affidando nelle mani di Dio ciò che più sentiva necessario, con la certezza che nessuna preghiera vada mai perduta. Particolarmente significativo è stato il percorso stesso: iniziare dal cuore della Chiesa, San Pietro, e concludere il nostro cammino stanchi ma fiduciosi tra le braccia di Maria, nostra madre celeste, che ci accompagna sempre e ci guida prendendoci per mano.

Diversi ma uniti. Nelle risate, nella preghiera, nella gioia

Condividere interamente la vita quotidiana con chi ti sta accanto – dal risveglio e la preparazione della giornata, alle fatiche e alle gioie, fino alla sera riguardando la giornata vissuta – significa mettersi in gioco a modo tuo e mostrarsi senza filtri. Insieme abbiamo faticato, insieme abbiamo riso, pregato, gioito; insieme siamo stati felici.

Forse quel gruppo apparentemente così diverso aveva in realtà un punto fermo che li ha portati a conoscersi e che li univa: la fede, vissuta in modo personale ma condivisa nella gioia. Forse quelle nove persone alla fin fine così lontane e diverse non erano.

 

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