Durante l’anno 2025 avremo diverse occasioni di riflettere su un tema molto bello che dà il titolo al Giubileo: “La speranza non delude” (Rm 2,25). La speranza è una parola importante in un ambiente come quello del carcere, ci torneremo sopra.
Oggi vorrei invece soffermarmi su un’altra parola che al n. 4 della Bolla di indizione del Giubileo il Santo Padre evidenzia: “Una virtù strettamente imparentata con la speranza è la pazienza. Siamo ormai abituati a volere tutto e subito, in un mondo dove la fretta è diventata una costante. Non si ha più il tempo per incontrarsi e spesso anche nelle famiglie diventa difficile trovarsi insieme e parlare con calma. La pazienza è stata messa in fuga dalla fretta, recando un grave danno alle persone. Subentrano infatti l’insofferenza, il nervosismo, a volte la violenza gratuita, che generano insoddisfazione e chiusura”. Lavorare e fare servizio in carcere significa avere tanta pazienza: per la burocrazia, i tempi morti di attesa, la ripetizione costante delle stesse dinamiche, ascoltare e riascoltare molte volte le stesse richieste. A volte è una pazienza da esercitare… con pazienza! Davvero una virtù evangelica da vivere con pienezza. Ed è lo stesso per i detenuti.
A volte è una pazienza che premia. Enrico (nome di fantasia) è un ragazzo che appena entrato ha avuto grandi difficoltà. Sostenuto e aiutato dall’area trattamentale, dagli agenti, da alcuni altri detenuti e segnalato anche a me che l’ho incontrato più volte, si è cercato soprattutto di offrirgli molte occasioni di dialogo e ascolto. Il suo cambiamento è stato notevole: da un aspetto trasandato e trascurato con lo sguardo perso e con poca speranza, adesso è un ragazzo vigile e attento, anche grazie alla preghiera che ha ritrovato e che facciamo insieme, non solo a Messa. In un nostro ultimo colloquio, parlando delle fatiche del carcere e dei compagni di cella, se ne è uscito con questa frase: “Padre Lorenzo, Dio in carcere ci insegna la pazienza!”. Potete immaginare come mi sono illuminato, ho preso carta e penna e annotandomi la sua frase gli ho detto: grazie! E ho pensato che questo sarebbe stato il tema del prossimo articolo della nostra rubrica Luci tra le sbarre.
La strada di questo ragazzo è ancora lunga, egli ha ancora bisogno di aiuto. Il primo sostegno lo chiedo a voi lettori: nel tempo di Natale, lo ricordiamo, insieme ai ragazzi di tutti gli istituti penitenziari, nelle nostre preghiere.
Lorenzo Durandetto
Cappellano Casa Circondariale di Udine