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L’Arcivescovo con i detenuti a Tolmezzo: «La verità libera il cuore, anche in carcere»

«Dio ci ha creati liberi. Ogni giorno possiamo scegliere tra verità e menzogna, tra bene e male. E chi sceglie la verità sperimenta la libertà del cuore, anche dentro le mura di un carcere». Sono parole dell’arcivescovo di Udine, mons. Riccardo Lamba, che giovedì 9 ottobre ha incontrato un nutrito gruppo di persone detenute nel carcere di massima sicurezza di Tolmezzo in occasione del terzo appuntamento con le catechesi “giubilari” proposte dal pastore della Chiesa friulana nell’anno della Speranza. All’incontro – svoltosi in un clima di profonda attenzione e partecipazione – era presente anche il cappellano padre Claudio Santangelo, che da circa tre anni accompagna con discrezione e dedizione la vita spirituale della comunità carceraria (l’appuntamento sarà ripetuto giovedì 16 nel carcere di Udine e anche qui l’Arcivescovo sarà accompagnato dal cappellano, padre Lorenzo Durandetto).

Toccanti le risposte dei detenuti al dialogo aperto da mons. Lamba. «Ci aiuta la fede», «Ci sostiene l’amore del Signore». «Sì – ha confermato loro il vescovo –: la fede ti radica nella giustizia, come un albero che non cade al primo vento. E l’amore per Dio o per una persona ti tiene saldo nella verità. Anche Pietro, che amava Gesù, lo ha rinnegato: ma proprio per questo ha pianto, perché chi ama soffre quando tradisce la verità».

Carcere di Tolmezzo

Dire la verità: fondamento della libertà

«Sono felice di essere qui – aveva esordito l’Arcivescovo –, per condividere con voi un momento di verità e di ascolto reciproco». E, invitando i detenuti a riflettere sul significato della parola testimonianza, l’Arcivescovo ha poi accolto le loro risposte – da chi ha evocato Cristo “testimone del Padre” a chi ha richiamato il linguaggio dei tribunali – per condurre la riflessione verso un punto chiave: «Il testimone è colui che racconta i fatti come sono realmente accaduti, senza piegarsi a convenienze o pressioni. Dire la verità è la prima forma di libertà».

«La vera testimonianza è sempre ancorata al bene – ha commentato mons. Lamba –. Mentire consapevolmente significa tradire se stessi e la propria coscienza». «Tutti, nella vita, abbiamo detto piccole bugie – ha continuato –. Ma la coscienza ci parla: il male, anche piccolo, lascia un segno. Se non lo correggiamo, diventa un’abitudine che ci allontana dalla verità».

Giustizia riparativa e perdono

Stimolato da una domanda su come comportarsi di fronte all’ingiustizia, mons. Lamba ha introdotto poi il tema della giustizia riparativa: «È un percorso avviato ormai da vent’anni. Alcune vittime del terrorismo, come la figlia di Aldo Moro, hanno scelto di incontrare chi aveva ucciso i loro cari. È un cammino lungo, fatto di ascolto e mediazione, per riconoscere il dolore reciproco. Anche nelle famiglie ferite si può vivere una forma di giustizia riparativa: significa imparare a mettersi nei panni dell’altro».

Alla domanda se questa possa essere compito dello Stato, ha chiarito: «Lo Stato amministra la giustizia istituzionale; ma la riparazione del cuore è sempre personale. Solo chi riconosce il male può iniziare a guarire». E sul perdono: «Il Vangelo chiede di perdonare non sette, ma settanta volte sette. È un cammino che dura tutta la vita, e che solo la grazia di Dio rende possibile».

Riprendendo il filo della speranza, l’Arcivescovo ha poi aggiunto: «Meglio soffrire per aver detto la verità che per aver mentito». E con un’immagine cara al mondo contadino, ha concluso: «Il contadino si sacrifica nella semina, anche se non sa come andrà il raccolto. Ma il suo lavoro non è vano, perché è stato fatto per amore. Così è anche per voi: ciò che seminate oggi nella verità porterà frutto nel tempo».

La verità libera il cuore

Nel suo saluto finale, l’Arcivescovo ha incoraggiato i detenuti a custodire la libertà interiore: «Nessuno è esente da difficoltà, ma chi vive nella verità è libero anche tra queste mura. Non lasciatevi scoraggiare: attaccatevi alla verità come una madre che stringe le sponde del letto durante il parto. Chi vi dice la verità lo fa perché vi vuole bene. Con la grazia di Dio, potete essere anche voi testimoni autentici del bene e della libertà interiore».

La catechesi di mons. Lamba è stata introdotta e conclusa da due canti di preghiera eseguiti dai detenuti, che hanno voluto così esprimere il loro ringraziamento al pastore della Chiesa udinese per la costante attenzione verso la condizione dei carcerati di Tolmezzo e di Udine.

In occasione della visita, l’Arcivescovo ha anche portato il suo saluto alla direzione del carcere e agli operatori interni, segno di vicinanza concreta alla complessa realtà della detenzione.

Bruno Temil

volontario nel Carcere di Tolmezzo

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