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Tempo per il cuore

Pubblicato su “la Vita Cattolica” nr. 24/2023

Non ci servono statistiche o studi per convincerci che siamo schiavi della fretta: la nostra giornata è una corsa irrefrenabile contro il tempo, un interminabile elenco di cose da fare, un’agenda carica di appuntamenti che ci pretendono e ci dominano.

Non ci servono statistiche o studi per farci constatare che la nostra giornata è piena: pare un puzzle le cui tessere si incastrano a perfezione e non lasciano spazio che a loro stesse.

Non ci servono statistiche o studi per farci comprendere che la nostra giornata è carica: carica di volti, di parole, di immagini e suoni che ci attraversano però così velocemente, da non concederci il tempo giusto per metterli a fuoco.

Non ci servono statistiche o studi per farci ammettere che abbiamo tutto ma siamo, inesorabilmente, sempre più privi di noi: siamo i figli del vuoto.

Aneliamo l’infinito e inscatoliamo la nostra vita in gesti stereotipati, nutriamo grandi sogni e non sappiamo staccare gli occhi da terra, ci professiamo anche felici, ma poi siamo eternamente insoddisfatti.

È chiaro, dunque, il bisogno di fermarci anche se solo per brevi istanti: dobbiamo vivere il nostro tempo, non farci travolgere da esso.

Abbiamo bisogno di riprenderci la nostra vita, di non lasciarla scivolare via come  la sabbia tra le dita: abbiamo bisogno di fermarci per ritrovarci, di avere cura di noi.

Estate: tempo di giornate che si allungano e di vociare allegro nelle piazze sotto cieli stellati; voglia di sole che brucia la pelle e brezza marina che spazza i pensieri; colori, profumi e suoni che fuori chiamano alla vita mentre noi ci sentiamo soffocare dentro spazi che appaiono sempre più angusti, imbottigliati nei tragitti della quotidianità che avvertiamo, inspiegabilmente, interminabili.

Il conto alla rovescia diventa un’ossessione e ci ritroviamo a premere sui cancelli dell’agognata libertà estiva come tori imbufaliti.

Tutto poi, per fortuna, arriva perché il tempo è sempre puntuale e allora, proiettati verso il futuro, siamo pronti a concretizzare sogni invernali e fermi propositi che hanno costantemente un comune denominatore: la leggerezza, perché abbiamo voglia del niente.

E così, ogni estate, ci convinciamo di prenderci, in questo modo, seriamente cura di noi, di rinforzare corpo e animo.

Non è così: prendersi cura di sé significa prendere coscienza di ciò che avviene nel nostro io, lasciarsi provocare da una parola, da un pensiero che possono avere la forza di interrogare la nostra mente e scuotere la nostra coscienza.

Ecco allora che il tempo dell’estate può davvero diventare il quello che ci aiuta a riflettere e ci consente di entrare in noi stessi per riproporci nuovi al mondo, persone riscattate e, perché no, risorte, libere dall’egoismo che inquina la vita personale e sociale ed è anche il motore dello sfruttamento sconsiderato del creato.

Troviamo il coraggio di aprire la mente e di nutrire il cuore: abbiamo tanto bisogno di lasciarci accarezzare l’anima dai versi di una poesia o farci docilmente prendere per mano dal protagonista di un buon romanzo perché, come ci insegna Sepúlveda, leggere è il più potente antidoto contro il terribile veleno della vecchiaia; abbiamo tanto bisogno di sostituire il grigio della banalità con i colori di un quadro d’autore o di stupirci perché ancora capaci di commuoverci all’ascolto di quelle melodie classiche che le radio non passano più.

Troviamo il coraggio di farci ingentilire dalla cultura, di andare controcorrente in un mondo che ci illude di avere tutto portata di un e, beffardamente, si porta via tutto quello di cui abbiamo più bisogno: noi stessi.

Cerchiamo e produciamo cultura, testimoniamo sensibilità di mente e di cuore: viviamo la nostra estate con leggerezza ma non sacrifichiamola al niente.

Lasciamoci, dunque, avvolgere dalla e, senza aver la pretesa che possa salvare il mondo, ricordiamoci che alle storture della storia l’uomo può sempre opporre la parte migliore di sé: la sua feconda creatività.

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