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L'editoriale

L’editoriale della settimana

di Anna Zenarolla

Genitori si diventa

Pubblicato su “la Vita Cattolica” nr. 13/2023

La scorsa settimana, come ogni anno, l’ISTAT ha pubblicato i dati relativi alla popolazione residente in Italia nel 2022 e, come accade ormai da anni, la fotografia che restituiscono è quella di un Paese i cui abitanti continuano a diminuire. Al 31 dicembre 2022 l’Italia risulta aver perso 179mila (-0,3%) abitanti rispetto all’inizio dell’anno e la sua popolazione scende a 58.850.717 persone. Le nascite segnano un nuovo record minimo (393mila) mentre i decessi continuano a crescere e a rimanere elevati (713mila). Questa dinamica coinvolge tutte le regioni, compreso il Friuli-Venezia Giulia che registra un calo del 7,2 per mille. La pubblicazione di questi dati viene puntualmente accompagnata da commenti carichi di allarmismo, che presagiscono un futuro catastrofico, non di rado utilizzando ad effetto i dati statistici disponibili. Non c’è dubbio: la situazione è grave, non solo per la consistenza ma anche per la rapidità che il calo ha assunto. Limitarsi a evidenziarne i tratti peggiori però giova a poco. Forse in queste occasioni sarebbe più utile ricordare che non siamo di fronte a un fenomeno irreversibile, a un destino ineluttabile al quale rassegnarsi, come autorevoli demografi sostengono. La denatalità si può contrastare e la tendenza si può invertire, come esperienze estere e regionali dimostrano. I risultati non si vedono nell’immediato, ma nel medio e lungo periodo, e richiedono politiche integrate e incisive, perseguite con continuità in un ambiente sociale accogliente verso i genitori e i loro figli. Le ragioni del calo delle nascite sono molteplici e complesse. Riguardano le incertezze del presente, ma trovano origine nel passato, nelle profonde trasformazioni che hanno interessato la famiglia e l’organizzazione del lavoro e negli aspetti sociali e culturali che le accompagnano. È su questo insieme di elementi che bisogna intervenire, con un approccio integrato e di lungo periodo, come da anni si sostiene.

Gli interventi sono ormai noti: orari di lavoro amichevoli nei confronti di chi ha anche responsabilità familiari, sostegno all’occupazione femminile e alla parità di genere nel mercato del lavoro e in famiglia, congedi ben remunerati e il più possibile paritari, servizi di cura ed educazione per la prima infanzia universali e gratuiti e scuola a tempo pieno generalizzata, anche per favorire le pari opportunità tra bambini e contrastare la povertà educativa, sostegno al costo dei figli universale. Ciò che pare meriti di essere ricordato è che gli interventi non devono essere episodici e frammentati, ma continuativi e coordinati, evitando che le diverse misure entrino in contraddizione l’una con l’altra così che, ad esempio, il necessario sostegno economico al costo dei figli finisca per disincentivare l’altrettanto necessaria occupazione femminile oppure che il sostegno economico a chi ha già figli porti a penalizzare chi i figli vorrebbe ancora averli, come emerge da prime analisi sull’importante riforma introdotta con l’Assegno Unico Universale. Ciò che pare importante ricordare ancora, è che le nuove generazioni non sono una responsabilità delle sole madri né dei soli genitori, ma di tutta la società. L’occupazione femminile non contrasta la natalità, come dimostrano Francia, Germania, Svezia e Danimarca dove l’elevata partecipazione delle donne al mercato del lavoro si accompagna a una natalità da decenni superiore all’Italia, grazie ai massicci investimenti su asili, scuole, congedi parentali, sgravi fiscali e misure di conciliazione famiglia e lavoro. Essere genitori, infine, richiede competenze e risorse, sia economiche che di tempo, ma non così eccezionali ed elevate come la sempre più diffusa prospettiva della sostiene, portando i genitori a iper-responsabilizzarsi e colpevolizzarsi per le difficoltà e gli insuccessi dei figli, disincentivando chi vorrebbe aprirsi a questa esperienza e facendo dimenticare che genitori non si nasce ma si diventa, imparando giorno dopo giorno.

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