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Noam Pupko, israeliano, collaboratore di Rondine, il 7 febbraio si racconta alla Spes

«Non alimentiamo discorsi divisivi, non trasformiamo ogni conflitto in un’occasione di tifoseria per una parte o per l’altra», «cerchiamo, invece, luoghi, spazi, contesti dove praticare il dialogo e la riconciliazione». Noam Pupko scandisce il suo accorato appello in un italiano quasi perfetto. Ha quarant’anni, vive ormai da 12 in Italia ma è nato in Israele ed è cresciuto dentro quel conflitto che, riaccesosi in modo drammatico lo scorso 7 ottobre, esiste però da decenni.

Dopo tre anni di servizio militare obbligatorio, da ragazzo Noam ha deciso di iscriversi all’università e diventare assistente sociale in aree critiche. Dal 2011 è in Italia, dove ha co-fondato “The Other Way”, un centro di formazione e consulenza sulle tematiche di gestione dei conflitti e della comunicazione interculturale, e collabora con l’associazione Rondine Cittadella della Pace di Arezzo. Mercoledì 7 febbraio alle 18.15 sarà a Udine, ospite della Spes, la Scuola di politica ed etica sociale dell’Arcidiocesi, a Palazzo di Toppo Wasserman in via Gemona. Alla Vita Cattolica ha offerto qualche anticipazione in un’intervista, curata da Valentina Zanella, che pubblichiamo integralmente sul numero in uscita domani, mercoledì 7 febbraio 2024, e che si potrà ascoltare su Radio Spazio alle 7:30, 9:30 e 12:30 nella trasmissione Sotto la lente, oltre che nel podcast sottostante.

Al nostro settimanale Pupko ha raccontato la sua significativa esperienza con Rondine, che lo ha portato a vivere e studiare fianco a fianco a coloro che la storia definisce i suoi nemici – i palestinesi – raccontando come proprio la possibilità di condividere con loro la propria storia e le ferite legate al conflitto armato, lo abbia aiutato a creare con loro dei punti di incontro e dialogo.

E ciascuno di noi cosa può fare, di fronte alle drammatiche notizie che giungono quotidianamente dal Medio Oriente? Secondo Pupko, «il ruolo che devono assumere tutti coloro che possiamo chiamare i “terzi”» è «un ruolo importantissimo di mediazione, per non far degenerare il discorso pubblico». «Non assumere una posizione a tutti i costi può servire anche a cercare di aiutare entrambe le parti che stanno ora dentro questo conflitto doloroso, a trovare spazi di dialogo. Questo è un ruolo importante che “il mondo” può avere in questo momento storico: concentrarsi sul mantenere accesa una scintilla di speranza».

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