Il cammino insieme a tante altre persone lungo via della Conciliazione altrimenti deserta (poca gente, a Roma), con lo sguardo fisso sulla Basilica di San Pietro che si staglia là davanti. Il cielo plumbeo. Venerdì 29 agosto dovrebbe piovere. Fa caldo, l’afa si sente anche se è presto, sono le nove del mattino e quasi trecento pellegrini dell’Arcidiocesi di Udine stanno compiendo il momento più intenso del loro pellegrinaggio giubilare a Roma. Davanti a tutti, una croce di legno semplice con scolpita l’immagine di Cristo risorto, speranza impersonificata. Nell’aria e sulla bocca, alcune preghiere. Nel cuore, i pensieri a quella persona che non c’è più, a cui si vorrebbe “dedicare” questo singolare cammino. «Pensate ai vostri amici… ma anche ai vostri nonni», si raccomanda ai più piccoli, una decina in tutto chiamati ad aprire la processione vicino alla croce.

Un passo dopo l’altro, l’Arcivescovo davanti (anzi: gli Arcivescovi, al plurale, trattandosi sia di mons. Lamba che di mons. Mazzocato) e il gruppo giunge all’ombra del “cupolone” salendo i maestosi gradoni di San Pietro per varcare la soglia della porta santa. Una mano sfiora la superficie – ormai liscia – di quel portale solenne. Questione di uno o due secondi, non di più: c’è un “fuori” che si tramuta in “dentro” in men che non si dica. «Non fermatevi», dicono i volontari con gentilezza. «Proseguite». E si va avanti fino alla tomba dell’apostolo Pietro. Nella magnificenza della Basilica, tutti gli occhi son rivolti a quel pertugio laggiù, sotto l’altare maggiore, mentre alle spalle il brusio si perde nel silenzio dell’intimità noncurante dei selfie dei turisti. L’emozione e la preghiera sgorgano come sorgenti. «Credo in un solo Dio…», introduce l’Arcivescovo: la professione di fede forse più sentita di sempre per molti dei pellegrini.
Quello a San Pietro è stato il momento culminante di cinque giorni di pellegrinaggio nella città che «presiede tutte le Chiese nella carità»: dal 26 agosto (per circa metà dei pellegrini) o dal 28 (per l’altra metà), fino a sabato 30 agosto.

Mons. Lamba: «Fede vissuta e condivisa»
«È stata un’esperienza molto bella, questo popolo ha pregato insieme e ha allargato il suo cuore vivendo e vedendo tante realtà di fede tramandate anche nell’arte cristiana», sintetizza mons. Riccardo Lamba al termine del pellegrinaggio. «Ci sono stati momenti molto intensi, come il pellegrinaggio a San Pietro o l’approfondimento della figura di San Filippo Neri, co-patrono di Roma», ha constatato. «Così come andare a San Paolo Fuori le mura o visitare le catacombe. I partecipanti avevano il desiderio di vivere un cammino di fede, non una gita. E trarranno spunti per portare speranza nelle nostre comunità. Questo pellegrinaggio – conclude l’Arcivescovo –, così come quelli giovanili già vissuti, lasciano intuire una Chiesa che condivide la propria fede nell’ascolto della Parola, nell’Eucaristia, nel servizio ai ragazzi e alle persone sole, nell’amore. Il cammino prosegue insieme nelle comunità».

Mons. Mazzocato: «Mi sono sentito in famiglia»
Al pellegrinaggio ha preso parte anche mons. Andrea Bruno Mazzocato, arcivescovo emerito, che ha raggiunto i pellegrini della “sua” arcidiocesi il 28 agosto. Subito molte persone gli si sono strette attorno, per salutare con affetto il pastore che per quasi quindici anni ha guidato la Chiesa udinese. Quella sera, nella Messa celebrata all’arrivo dei pellegrini della versione più breve del viaggio, mons. Lamba ha ricordato che «La nostra presenza qui è anche frutto del ministero di mons. Mazzocato». E lo stesso Arcivescovo emerito, presiedendo il giorno seguente la Messa nella Basilica di San Pietro, ha ricordato che «Gesù ha fondato la Chiesa su due forze: i santi, invocati nelle litanie entrando dalla porta santa, e la fede. E continua a sostenerla ancora oggi, dopo duemila anni. I successori di Pietro continuano la fede dell’apostolo e la tramandano nei secoli. La Chiesa continuerà nonostante le sue debolezze, questo ci dà speranza. Continuiamo!»
Commosso il saluto ai pellegrini sabato 30 agosto, prima di rientrare a casa nella sua Biadene, vicino a Montebelluna: «Mi sono sentito in famiglia e mi ha fatto piacere rivedere molti di voi», ha affermato mons. Mazzocato. «Se la Provvidenza lo vorrà, vi dico: arrivederci!»

Desiderio di Dio
L’aria che si respira tra i pellegrini è frizzante nonostante i ritmi serrati e la stanchezza. Alcuni hanno visitato Roma l’ultima volta diverse decine di anni fa, per cui quello nella città eterna è un gradito ritorno, per altri è una “prima volta”. «La fatica? Alle volte neanche si sentiva, perché presa dall’emozione di quello che stavo vivendo» spiega una delle pellegrine, Andreina Taverna. Settantanove anni, vive a Martignacco ma frequenta la comunità udinese di Laipacco. «Quello che stavo vedendo mi dava la forza di continuare, anche se le gambe, alle volte, sembrava che non ce la facessero più. È stato veramente coinvolgente». Molti sono i momenti rimasti nel cuore di Taverna, ma due su tutti sono i più significativi. «Nella Basilica di Santa Maria Maggiore», spiega, «Non unicamente perché vi è sepolto Papa Francesco, ma perché proprio lì sentivo che c’era la nostra “mamma dal cielo” che ci guarda, ci guida e ci protegge. Ovviamente il momento davanti alla tomba del Papa non è stato indifferente. La stessa cosa – prosegue – è avvenuta quando siamo entrati dalla porta santa di San Pietro. Non dico che mi stavo per commuovere, però vedere questa gente tutta in fila dietro al Vescovo che canta, che prega, silenziosa, che non chiacchiera, mi ha fatto intuire il desiderio di mettersi in contatto con Dio. Non credo che avessero altri intenti, solo voglia di silenzio interiore per poter dialogare con Gesù». Un desiderio rinvigorito a Roma, da coltivare con nuova forza anche in Friuli.
Giovanni Lesa