
Commento al Vangelo del 3 agosto 2025,
XVIII Domenica del Tempo ordinario
Lc 12,13-21
In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».
Parola del Signore.
A cura di don Pietro Giassi
Durante la celebrazione di domenica pregheremo assieme con la preghiera “Colletta” che recita così: donaci di lavorare con impegno in questo mondo, affinché, liberi da ogni cupidigia, ricerchiamo il vero bene della sapienza.
Ancora una volta la liturgia ci ricorda che noi cristiani non siamo estranei al mondo contemporaneo, ma siamo chiamati ad essere in esso pellegrini animati dalla sicura speranza che siamo attesi presso la casa del Padre. Può capitare che il nostro cammino ci faccia distrarre dalla meta ultima della nostra esistenza terrena e anche per questo la celebrazione domenicale viene in nostro aiuto: torna a guardare alla tua vita dal punto di vista del cielo!
La prima lettura, tratta dal libro del Qoèlet, è un richiamo alla speranza cristiana. Questo è un libro sapienziale spesso ricordato per l’espressione “vanità delle vanità”; l’autore si ferma a dare uno sguardo sulle varie attività umane che, siano queste buone oppure no, comunque dovranno fare i conti con la morte. Considerando che tutto svanisce come vapore, l’autore sembra volerci dire che alla fin fine è tutto vano ed è inutile darsi da fare se poi tutto finisce. L’autore, richiamando la temporaneità della creazione, ci chiama affinché possiamo vivere in questo mondo con la vera sapienza – quella richiamata dalla preghiera colletta – che poggia su quella speranza che sa come tutto troverà pienezza solamente in Dio: il sapiente è colui che non si ferma sulle cose che passano, ma cerca quelle eterne. San Paolo diventa così uno dei grandi sapienti della storia dell’umanità, invitandoci a rivolgere il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra.
È la sapienza del povero, di colui che si lascia ammaestrare e senza giungere a giudizi affrettati pone sul piatto della bilancia la salvezza eterna, quella salvezza che solamente il Cristo Risorto può donare. È la resurrezione di Gesù Cristo che riorienta saggiamente la nostra vita poiché se Cristo non è risorto vana è la nostra fede. La resurrezione del Signore è la conferma che i nostri desideri di eternità, di “per sempre “ non sono reminiscenze adolescenziali, ma chiamate alla Vita vera! Se tutta la nostra vita si risolvesse qui, se i morti non risorgessero “mangiamo e beviamo, perché domani moriremo” (1Cor 15,32). Con la forza della resurrezione possiamo lavorare con impegno in questo mondo, quel mondo che spesso si muove con la forza della disperazione facendoci diventare tutti insensibili alle disgrazie di altri di fronte alle quali ci difendiamo come espressioni del tipo: «E io cosa posso farci?». Quanto pervasiva è questa mentalità egoista che ci fa dimenticare la nostra umanità rinchiudendoci nella cupidigia! Dobbiamo temere, guardando al nostro conto in banca, al nostro frigo pieno, ai vestiti ammucchiati negli armadi e a tutte quelle cose accumulate nelle cantine perché «potrebbero sempre servire»… Dobbiamo temere che un giorno il Signore si rivolga a noi dicendoci: «Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?» Poiché il Signore ci sta dando ancora tempo, preghiamo assieme, gli uni per gli altri.
O Dio, donaci di lavorare con impegno in questo mondo, affinché, liberi da ogni cupidigia, ricerchiamo il vero bene della sapienza.
don Pietro Giassi