All’approssimarsi delle elezioni amministrative dell’8 e 9 giugno, La Vita Cattolica prosegue con gli approfondimenti su alcuni dei temi che interpellano i nostri amministratori, zona per zona. Dopo i servizi sull’area della montagna, pedemontana e collina friulana, sulla Vita Cattolica del 29 maggio 2024 ampio spazio è dedicato alle questioni che interessano la pianura, ma non solo. È mons. Carlo Fant, parroco di Latisana e Ronchis, ad offrire un’analisi sulla situazione e i problemi del territorio, dalla sanità alla sicurezza idraulica, incoraggiando gli amministratori innanzitutto ad un ascolto attento della gente (nel servizio pubblicato sul settimanale diocesano spazio anche alle riflessioni di Ezio Beltrame, medico di famiglia a Mortegliano e già assessore regionale alla Sanità).
«Ascoltare». Questo dovrebbe essere l’imperativo per un sindaco, un consigliere comunale – come pure per un prete – ad avviso di mons. Carlo Fant. «Io oltre che parroco di Latisana sono parroco di Ronchis. Abito in due Comuni. Il primo ha circa 13mila abitanti, il secondo 2000. Per me la cosa più importante è il rapporto personale con la gente. Ho l’impressione che più che cercare soluzioni pratiche, la gente vada a “confessarsi” dal sindaco, oltre che dal parroco. Oltre che cercare un amministratore, un uomo di un partito o di uno schieramento, cerca una persona che possa dirle una parola di conforto per andare avanti, per continuare, perché i problemi di solitudine che ci sono davanti alle famiglie sono grandi. Anche se le istituzioni ed il volontariato cercano di tamponare, le persone si trovano in confusione, senza idee chiare».
Il nodo sanità
I servizi sanitari – lo avverte anche il parroco – sono la prima preoccupazione sociale dei cittadini. «Nulla da eccepire sulla disponibilità degli operatori sanitari, dei medici in particolare. Si fanno in quattro, sono capaci e dimostrano impegno. Ma sono oberati di burocrazia. In ospedale, i reparti funzionano, le problematicità si riscontrano nel Pronto soccorso, dove le attese sono purtroppo lunghe. Sono arrivati da noi i medici argentini. Certamente danno un aiuto, ma la relazione, specie con gli anziani, è ancora difficile, a causa della lingua. Il problema principale sono le liste di attesa, decisamente troppo lunghe. La gente deve ricorrere al privato, pagando, ma non sempre ha i soldi. So che i sindaci possono fare ben poco, però possono influenzare in qualche misura la politica regionale. Se penso a quello che avevamo una decina di anni fa, devo ammettere che le prestazioni sanitarie sono un po’ calate. Bisogna recuperare».
Tagliamento e sicurezza idraulica
Un tema molto avvertito è anche quello della sicurezza idraulica, nodo che da decenni rimane irrisolto per quanto riguarda la difesa dalle piene del Tagliamento. «Io sono qui dal ’74 e vorrei dire una cosa ma senza fare polemiche – afferma mons. Fant –. Ancora nel ‘66 sono stato a dare una mano, da volontario, nella seconda alluvione, il 4 novembre. Ho sentito tante chiacchiere, ma il Tagliamento è ancora quello di allora. Hanno rinforzato gli argini, quello sì, però la soluzione – non sono un ingegnere idraulico – non la vediamo. “Faremo la diga”. “No, meglio le casse di espansione”. Altre opere ancora… Dobbiamo dare una sicurezza a questo benedetto Tagliamento, pur rispettando il suo defluire. È un fiume intatto e vergine. È mai possibile che ogni volta che viene la pioggia forte dobbiamo salire sugli argini per vedere se viene fuori o no? Io credo che ci si debba mettere d’accordo con l’Alto Tagliamento ed il Medio Tagliamento. Forse le casse di espansione, di cui sento parlare ora – e ripeto che non sono un ingegnere – dovrebbero avere come scopo quello di fermare tanta acqua o poca acqua, quella che serve, a metà o nell’Alto Tagliamento. Ma finalmente si proceda».
Lavoro
Don Fant ritiene che anche su questa vicenda stia (non) intervenendo troppa burocrazia «e alla fine chi va a pagare le spese è la persona umana; quella burocrazia che frena ogni agire, perfino il volontariato, se pensiamo che per organizzare una festa occorrono 26 documenti, carte da bollo, permessi di tutte le qualità». Prima di diventare prete mons. Fant ha fatto l’operaio, precisamente il muratore, e di conseguenza si sente di sottoporre all’attenzione del pubblico amministratore anche il tema del lavoro, più precisamente della sicurezza. «Oggi ci sono molte più regole di allora, molte più tecniche, però c’è la premura di correre, di fare. Le armature sono tutte di alluminio, precise. Quella volta si poggiava su due tavoloni e si stava attenti sempre a non cadere. Gli incidenti nell’edilizia erano molto minori rispetto a quelli di adesso. Oggi si lavora con più tensione psicologica, perché appunto bisogna correre di più. Una casa si faceva su in 7-8 mesi, mentre ora in 2-3 mesi è finita. Recuperiamo, io dico, un po’ di lentezza per lavorare più sicuri». E anche sul punto un sindaco, un consigliere comunale può avere voce in capitolo nella formazione dell’opinione pubblica.
Francesco Dal Mas