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Commento al Vangelo

«Io sono il buon Pastore»

Dal Vangelo secondo Giovanni, Gv 10,11-18

In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».

Parola del Signore

Commento al Vangelo del 21 aprile 2024,
IV Domenica di Pasqua – Anno B

A cura di don Davide Larcher

«Io sono il buon Pastore». Così il Signore Gesù, con grande tenerezza, si rivolge ai suoi discepoli. Poche righe prima, nel Vangelo di questa domenica, il Maestro era stato protagonista dell’ennesima discussione con i farisei, i quali cercavano di screditarlo. E quel povero gregge di gente frastornata, con storie e provenienze diverse, ma che assieme cercavano il volto di Dio, chi avrebbe dovuto seguire? Ogni epoca della storia di questo mondo ha conosciuto dei personaggi e delle ideologie con la pretesa di guidare il gregge delle pecore; anche il nostro tempo non manca di offrire chi vorrebbe venderci la presunta ricetta della libertà o della verità, ricetta che spesso fra gli ingredienti chiede di togliere Dio dall’equazione della vita.

Di fronte a tutto questo, che fare? Per prima cosa Gesù ci invita a distinguere: c’è un Pastore e c’è un mercenario, dice. Lui si definisce il “buon Pastore”, anzi, letteralmente il “bel” Pastore. La bellezza, nella nostra mente, si associa all’estetica: etimologicamente, l’estetico non è riducibile solamente al carino o gradevole. È qualcosa che coinvolge, che dona senso e gioia, che appassiona. È una grazia che smuove il cuore, che dà respiro allo spirito, che ti spinge oltre alla soglia visibile delle cose. In questo senso Gesù è bellissimo: con emozione vibrante lo potrebbero testimoniare i malati e gli storpi che Gesù ha guarito, i morti che ha risuscitato, i discepoli che ha raccolto, gli apostoli che hanno esclamato: «È bello per noi stare qui». Loro, dietro quel sorriso e quelle parole indimenticabili, hanno visto una bellezza e provato un amore che ha rapito il loro cuore. E anche quando l’ululato del lupo si avvicina alle pecore Lui non le abbandona, rimane lì, fa da scudo con la sua stessa vita, le ama anche quando questo amore gli chiede tutto, proprio tutto. C’è poi un mercenario. Al di là delle apparenze, è diversissimo dal Pastore. Non ha quindi la bellezza dalla sua parte. Questi mercenari talvolta si presentano con una finta bellezza che ammalia un cuore superficiale e magari ti propone delle cose che apparentemente ti sembrano ragionevolissime. Ma se la bellezza è legata all’estetica intima delle cose, il suo opposto non è il “brutto”, è l’an-estetico. Il mercenario fa questo: ti anestetizza il cuore, ti intorpidisce lo spirito, ti spegne l’anima, perché non ha nel cuore la bellezza dell’amore. Al mercenario non importa della pecora, a lui importa solamente il profitto.

Come possiamo non vedere che è esattamente ciò che succede adesso nel mondo? Quante logiche fanno esattamente questo un po’ con tutti noi, rendendo facile al lupo sbranare idealmente le pecore, lasciandole vive nel corpo, ma morte nello spirito? Mi pare che questa liturgia sia l’occasione ideale per fermarci, resettare tutto e chiederci: noi, chi stiamo seguendo?

don Davide Larcher

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