Eccoci sul Golgota dove Gesù, martoriato dal peso della Croce, si lascia cadere a terra raccogliendo le sue ultime forze per trascinarsi sul letto della Croce e offrirsi totalmente al Padre. È la scena che contempliamo nella stazione undicesima della Via Crucis.
Nonostante tutti i patimenti e le sofferenze subite, nonostante le cattiverie inferte sul suo corpo, Gesù si stende sopra il legno della Croce allargando le braccia, quasi a voler abbracciare ancora una volta l’umanità ingrata e a testimoniare il suo Amore incondizionato verso ciascuno di noi.
Una scena terribile quella che si compie in quell’ora forse più dura dopo la flagellazione. Il soldato appoggia sul polso del Redentore la punta del chiodo alzando poi il martello procurando quelle ferite che saranno per noi tutti i segni eterni dell’Amore misericordioso di Dio.
Dalle sue piaghe siamo stati guariti, dice l’apostolo Pietro (cfr 1Pt 2,24), dalla sua morte siamo stati rigenerati, tutti noi. Sono chiodi enormi quelli usati per crocifiggere Gesù, come enorme è il suo amore: «nessuno – dice Giovanni – ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici». (Gv 15,13)
Lo stesso Giovanni ha accompagnato fino a questo punto il Salvatore, rimanendo profondamente colpito da questa testimonianza capace di far sgorgare dal suo cuore una vita nuova in grado di guardare la realtà con occhi nuovi e compassionevoli. Anche noi cerchiamo di posare spesso gli occhi su una immagine di Gesù Crocifisso e lasciamoci toccare da Lui, attraverso quelle mani e piedi inchiodati alla croce, per diventare davvero portatori del suo Amore autentico a quanti incontriamo.
Bruno Temil