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In bici è un’altra cosa
Pubblicato su “la Vita Cattolica” nr. 21/2023
Lasciate perdere cardiofrequenzimetri di ogni tipo. Strappatevi di dosso misuratori di potenza e liberate le orecchie da quei maledetti auricolari. La bicicletta è un’altra cosa: è il frusciare leggero delle ruote sull’asfalto di una discesa che sembra una carezza, è il perforare i paesaggi di una terra meravigliosa come la nostra, è salire fin lassù dove ti pareva impossibile arrivare e dove lo sguardo si apre a un orizzonte infinito.
Non lasciamoci prendere dalla febbre performante di questi nostri ultimi tempi in cui ciò che conta sono quanti minuti ci metti a fare quel dato percorso o a quale posto nella classifica di STRAVA vieni collocato. La vita è già di per sé una competizione stressante e spesso ingiusta. Perché riportarla tale e quale in sella a una bicicletta? Perché non usare quel mezzo per strapparci di dosso i pesi di una giornata estenuante?
Andavamo in bicicletta. Ogni mattina da casa fino a scuola e che ci fosse sole cocente o pioggia battente per noi era lo stesso; andavamo in bicicletta per poter giocare a pallone nei prati liberi del Cormor. Andavamo in bicicletta per caricare sul cambrone una ragazza da portare dove volesse lei e per sentire quella lieve e proibita vicinanza dei corpi. Erano biciclette pesanti, senza cambi, con manubri fantasiosi e dinamo rumorose che illuminavano timidamente la città notturna. Erano gli anni in cui pomeriggi di primavera parevano vuoti senza la tappa del giro.
Oggi le dirette del Giro durano ore di noia, attraversano paesaggi meravigliosi accompagnando ciclisti telecomandati e malati di prudenza. Sul Lussari sabato non sarà così, ma anche il Lussari dopo sabato non sarà più come era. Nel bene e nel male. Quello sfrecciare di bici diverse, fruscianti, leggere, veloci, con le moltipliche piene di rapporti di ogni tipo non ci deve ingannare. La bici non è un semplice strumento di locomozione, credetemi. La bici è la compagna che ti guida in certi posti del Friuli che ti ammazzano lo sguardo, come quando sali su a Cjanêt, dove il Tagliamento è una tavolozza di azzurri e grigi mirabolanti, o tra i boschi misteriosi di Clauzetto, da dove il mare ti pare a portata di mano. Certo prima la cima l’hai dovuta scalare sbuffando, ma grazie alla bici, in quei momenti in cui sei faccia a faccia con la fatica, capisci che la vita te la metterà sul cambrone come fosse una bella ragazza e te la farà incontrare mille altre volte.
La bici ti dice che della fatica non devi aver paura, che non devi nemmeno odiarla, devi accettarla per arrivare in cima, lassù sul Crostis dove il mondo si apre a sud e il bosco è lì, a pochi passi, pronto a inghiottirti nella discesa. La bicicletta ti insegna a rispettare la fatica dell’altro. Anche dell’ultimo. E così anche se il tuo passo mentre sali è lento, anche se decidi di partecipare a una gara qualsiasi o unirti a una semplice biciclettata tra amici, sai che non devi avere paura se sarai l’ultimo. Per te ci sarà sempre un applauso. E anche per questo alla bicicletta sarai grato e a lungo.