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Susi Del Pin

Dare un senso allo studio
Pubblicato su “la Vita Cattolica” nr. 48/2023

Capita a tutti, aprendo un giornale o girando nelle nostre città, di imbatterci nella proposta di orientamento e di scuola aperta che diversi istituti scolastici forniscono ai futuri allievi. Genitori e ragazzi che stanno concludendo un ciclo di studi si trovano frastornati di fronte a molti inviti, perché sanno quanto sia importante per la vita la scelta della scuola. Ma come sapere qual è la scuola giusta? A tredici- quattordici anni sembra prematura una decisione così importante e allora molti sono i consigli e gli orientamenti. Ci sono due linee prevalenti che si sono delineate negli ultimi anni. La prima invita i genitori a cercare di sostenere i figli seguendo la loro indole, i loro talenti, le capacità che sono emerse negli anni precedenti. La scuola è il luogo dove i ragazzi devono vivere lo studio come una scoperta di sé e allora, visto che viviamo in una società che cambia repentinamente, tanto vale seguire quello che piace e che dà soddisfazioni. La seconda linea è quella legata alla scelta della scuola in relazione alle opportunità lavorative future. Molti genitori insistono con i figli affinché si orientino verso istituti che propongono corsi innovativi con sperimentazioni e potenziamenti ritenuti più spendibili sul mercato del lavoro e al passo con i tempi.
Non è semplice conciliare queste due linee in considerazione del fatto che i ragazzi sono in crescita, spesso sono confusi e non sempre le indicazioni fornite dagli insegnanti coincidono con i desideri delle famiglie. Da docente impegnata nell’orientamento dico che l’unico pre-requisito che un ragazzo deve avere per frequentare un istituto superiore è desiderare studiare, dando un senso allo studio. Molti ottengono un titolo scolastico, ma questo non corrisponde necessariamente ad una crescita umana e culturale della persona. Senso va inteso innanzitutto come significato: quale significato diamo alla scuola dei nostri ragazzi? Siamo capaci di darle significato, ritenendola prioritaria rispetto ad altre attività? La crescita del nostro Paese nel secondo dopoguerra è dipesa anche dalle nostre scuole, vero motore sociale, che hanno consentito a persone semplici e con pochi mezzi, ma capaci e desiderose di imparare, di ottenere una formazione solida, strutturata, apprezzata moltissimo anche all’estero, viste le opportunità che si sono aperte per tanti italiani. Lo studio aveva un significato intrinseco di crescita e di miglioramento. Siamo capaci come adulti di trasmettere e come studenti di attribuire oggi alla scuola questo significato, oppure riduciamo la conoscenza a bene utilitaristico?
L’altra accezione di senso è direzione. Un allievo serio, che approfondisce le materie, studiando con costanza e dedizione, si apre verso il suo futuro, ma anche percorre una strada dentro di sé. Il grande psichiatra Viktor Frankl, dopo l’esperienza vissuta nei campi di sterminio, scriveva che i prigionieri avevano perso tutti i beni materiali che davano prestigio nella vita precedente e l’unica cosa che faceva la differenza fra un uomo e un altro era quello che le persone avevano costruito dentro di sé in termini di autocoscienza e di valori. Ecco, la scuola, quando è veramente orientata, deve rendere la nostra esistenza più consapevole e umana e ci deve far dire che studiare è stata la grande opportunità che abbiamo avuto nella vita.
Susi Del Pin
insegnante di religione

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