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L'editoriale

La “follia” dei santi

di don Paolo Greatti

Pubblicato su “la Vita Cattolica” nr. 49/2023
Nella foto: il beato card. Eduardo Francisco Pironio

Roma, la città dove coesistono in modo bizzarro molti contrari, dove in un attimo si passa dal sublime al ridicolo, è abituata a vederne di tutti colori da più di due millenni. Sempre piena di turisti e pellegrini che arrivano dai quattro angoli del mondo, riproduce con la sua tipica teatralità quello che avviene su scala maggiore nelle grandi metropoli del pianeta. Lo diceva al suo segretario l’allora card. Bergoglio: “A Roma si può camminare anche con una banana sulla testa: nessuno si scomporrà per questo!”. Ma in fondo anche il nostro Friuli è un po’ così, perché l’universo virtuale in cui siamo immersi ci ha resi cittadini del mondo. Facebook, Instagram, Tik Tok, Whatsapp e chi più ne ha più ne metta ci sommergono con immagini e stimoli di ogni tipo; ormai siamo assuefatti a qualunque spettacolo. Sembra quindi al tramonto la capacità di stupirsi, di provare quel brivido che scuotendoci dall’alto verso il basso ci riveli di essere fatti per cose più grandi di noi. Nella città eterna, però, si tramanda anche questo detto: «I Romani si voltano solo quando passa un santo».

Perché? Evidentemente un santo ha qualcosa che non lascia indifferenti, qualcosa a cui non ci si può abituare. Quale sarà dunque l’emblematico “X factor” della santità? Se penso al card. Pironio, fra pochissimo proclamato beato, la prima cosa che mi salta all’occhio è quel sorriso disarmante immortalato in tante sue foto. Il suo è uno sguardo che invita all’amicizia, che fa presagire una novità gioiosa. E quale sarà mai? Mi ritorna in mente una lezione del prof. Marino Qualizza, in cui raccontò che in gioventù era stato con altri seminaristi ad un’udienza di san Giovanni XXIII, poco prima che si aprisse il Concilio Vaticano II. Il papa li ricevette con affettuosa cordialità, ma non disse nulla di eccezionale. Eppure i presenti sperimentarono una gioia quieta, umile, profonda, non equivocabile con quell’eccitazione di un momento che può increspare le acque superficiali della nostra coscienza. Ecco l’”X factor” in azione! È quindi qualcosa che tocca la nostra dimensione segreta, nascosta persino a noi stessi. Inoltre è coinvolgente, attira in una relazione e si comunica con gioia.

Eppure se questa qualità segreta non lascia mai indifferenti, non è scontato che provochi interesse perché può suscitare anche repulsione, per non dire aperta ostilità. Non si tratta dunque di magia, ma di qualcosa che risveglia e sollecita al massimo la libertà di chi vi si imbatte.

Mentre scrivo rivedo l’immagine di santa Teresa di Calcutta: parlando all’assemblea che le aveva appena conferito il premio Nobel per la pace, senza giri di parole affermò esserci la cultura dell’aborto – cioè la violenza su chi è massimamente indifeso – alla radice della sete di guerra; mentre smascherava questa ipocrisia, gli sguardi dei grandi della terra si facevano vìtrei e il gelo che improvvisamente si era impadronito di quel luogo preannunciava l’intensificarsi delle mormorazioni e delle calunnie contro la piccola “matita di Dio”.

Che dire ancora? Se si vuole una vita di successo questo “X factor” non fa per voi, perché sul più bello vi ritroverete impresentabili agli occhi di quelli che contano. Non sarà che si tratta di una forma di follia? Eppure in Israele si dice che dopo la distruzione del tempio il dono della profezia sia stato concesso solo ai bambini e ai folli. Strana follia, dunque, che permette di vedere ciò che i più non vogliono vedere e di non porre la propria gioia nel possesso di qualcosa o di qualcuno. Strano ritorno all’infanzia, che libera dalla paura, che infonde dignità nel fare le piccole cose, che nella prova conferisce bellezza piena di maestà. Forse questa insolita infanzia e questa singolare follia sono proprie di chi ha ritrovato il vero tempio, il luogo dove dimora la gloria di Dio, distrutto un tempo ma riedificato dopo tre giorni. È il mistero che la Chiesa celebra ogni domenica; qui chi orienta il cuore verso colui che non si vede, vedrà ciò che gli altri non sanno vedere e troverà il coraggio di fare ciò che dà la pace al cuore.

don Paolo Greatti

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