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Opinioni

L’Intelligenza artificiale sia un ponte per avvicinarci ai fratelli

di Tommaso Nin. Pubblicato su “la Vita Cattolica” nr. 50/2023.

Intelligenza artificiale e pace è il titolo scelto per il messaggio di papa Francesco per la LVII Giornata Mondiale della Pace. La scelta potrebbe sorprendere, perché in questi mesi la parola pace evoca in noi ben altre immagini. Eppure non si tratta di un accostamento azzardato, ancor più se letto accanto ad altri due recenti fatti significativi.

Il primo è la Cop 28, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si è appena svolta a Dubai e chiusasi con l’approvazione di un documento storico, che ha messo per la prima volta su carta la volontà comune di incamminarsi verso un futuro sempre meno dipendente dai combustibili fossili e nel segno di una maggiore responsabilità climatica.

Negli stessi giorni è stato raggiunto l’accordo per l’approvazione dell’AI Act, la legge europea sulla regolamentazione dell’intelligenza artificiale e primo quadro normativo al mondo su queste tecnologie. Software come ChatGPT e Midjourney, capaci di creare testi e immagini inedite, come anche i programmi basati su algoritmi in grado di riconoscere immagini, suoni ed estrarre svariate tipologie di informazioni a partire da set di dati con miliardi di parametri,  dovranno rispettare dei nuovi requisiti di sicurezza secondo un approccio basato sul rischio. Distinguendo tra applicativi a rischio minimo, ad alto rischio (sono inclusi quelli utilizzati in scuole, tribunali, ospedali) e a rischio inaccettabile (come le tecnologie in grado di “leggere” le emozioni o di inferire caratteristiche private come le preferenze religiose, elettorali a partire da una profilazione biometrica), l’approccio dell’UE guarda alla tutela della persona e allo sviluppo di tecnologie che seguano procedure chiare, all’insegna della trasparenza, della riconoscibilità delle azioni dell’AI e del rispetto dei diritti fondamentali.

Cop 28 e AI Act sono due snodi significativi delle due transizioni, ecologica e digitale, in cui la comunità umana sta muovendo i suoi passi. Si tratta di ampi processi di cambiamento del nostro modo di abitare il creato, che danno una forma nuova all’ambiente in cui vivremo. La tecnologia contribuisce infatti a plasmare la “casa comune” e il nostro stare in relazione con il creato è mediato dalla tecnologia, con la quale provvediamo ai nostri bisogni e rispondiamo alla vocazione biblica di cura e custodia. Ma cosa c’entrano pannelli solari e algoritmi intelligenti con la pace che tutti invochiamo?

Con sapienza il magistero ci suggerisce che il modo in cui abitiamo (o sfruttiamo) la casa comune e le tecnologie che costruiamo sono presupposto e indice delle relazioni che viviamo con i fratelli. Se possiamo già toccare con mano alcuni esiti del cambiamento climatico, le conseguenze di un ambiente digitale sempre più popolato da agenti artificiali intelligenti non sono per i più di immediata immaginazione. Gli algoritmi, sempre più pervasivi e che, ci ricorda il papa nel suo messaggio, non sono neutri – ma portano “dentro di sé” i valori e le influenze culturali dei programmatori e dei dati di cui sono alimentati – possono esasperare fake news, nuovi e più tremendi conflitti, amplificare divari e diseguaglianze tra popoli e tra generazioni. L’alternativa? La scelta di un paradigma integrale, per porli al servizio di uno sviluppo centrato sulla dignità evangelica della persona, che è irriducibile a tutti i dati che si possono ricavare da essa. La scienza e le tecnologie sono allora come un ponte, che ci può avvicinare o allontanare dal fratello; dipende sì da come la usiamo, ma anche da come le progettiamo e da che regole, insieme, stabiliamo per un utilizzo umanizzante. L’innovazione tecnologica non va pertanto demonizzata e Francesco ci incoraggia ad affiancare all’espansione dei mezzi un adeguato esercizio di responsabilità. È bene ricordarlo: scienza e tecnologia, segno dell’intelligenza e della creatività dell’uomo, fatto a immagine del creatore, sono espressione della nostra dignità.

Mi pare che il santo padre, nel consegnarci un messaggio per la pace lontano da facili emotivismi o da appelli alla conversione che spesso noi traduciamo automaticamente in esercizi di volontarismo fine a sé stesso, ci richiami alla serietà della postura con cui il cristiano è chiamato ad abitare il proprio spazio e il proprio tempo, e a giocarsi in essi. Queste epocali transizioni su cui ci stiamo affacciando possano diventare l’occasione propizia per impegnarsi nel costruire una dimora terrena più degna per l’intera famiglia umana, luogo di autentica prova affinché possa germogliare in noi un’autentica transizione del cuore.

Tommaso Nin

 

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