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Mazzocato alla Messa del suo commiato: «Ringraziamo Dio e guardiamo con speranza al futuro»

Una Cattedrale gremita, una Chiesa che si è stretta attorno al suo pastore. Domenica 14 aprile in piazza Duomo a Udine più di qualcuno ha faticato a trattenere le lacrime, durante l’omelia che mons. Andrea Bruno Mazzocato ha pronunciato al termine dei suoi quasi 15 anni di servizio come Arcivescovo di Udine. Un ministero che concluderà il prossimo 5 maggio, quando gli subentrerà mons. Riccardo Lamba.

«Protagonista è Cristo, non il Vescovo»

«L’ho accolta con gioia, questa Messa, perché quando una Chiesa ricorda un tratto della sua lunga storia è giusto che questo ricordo si trasformi in una Eucaristia», ha esordito Mazzocato. Richiamando il Vangelo del giorno, la III domenica di Quaresima, l’amministratore apostolico di Udine ha affermato come «Anche in questa celebrazione Gesù sta in mezzo a noi; è lui il principale protagonista e non il Vescovo».

«In questa celebrazione – ha proseguito il Vescovo – abbiamo dei doni particolari per i quali vogliamo unire le voci e i cuori e cantare un grazie corale a Dio: sono per i frutti buoni, i segni di fede e di carità, che sono sbocciarti e cresciuti nella nostra Chiesa duranti gli anni del mio servizio di Arcivescovo. Per questo tra poco canteremo il solenne inno del Te Deum laudamus, “O Dio ti lodiamo”». Un inno che al termine della celebrazione si è levato forte, guidato dalla Cappella musicale della Cattedrale di Udine, che ha animato l’intera liturgia.

«Cantiamo il Te Deum perché Dio non solo non si è stancato della nostra Chiesa, a causa delle sue e nostre debolezze e infedeltà, ma, anzi, ha continuato ad amarla e arricchirla di frutti preziosi di fede, di comunione, di carità».

«Ho ricevuto sincere espressioni di riconoscenza»

Mons. Andrea Bruno ha accennato nella sua omelia ad alcuni messaggi che gli stanno giungendo in questi ultimi giorni di episcopato in Friuli. «Confesso che mi hanno colpito in questi giorni varie (e a volte inattese) espressioni di riconoscenza che mi sono sembrate sincere. Se, pur, con tutti i miei limiti, qualche opera buona ho fatto per l’amata Chiesa di Udine, ringrazio in questo momento davanti a voi lo Spirito Santo che ho sentito costantemente presente nel mio animo e nella mia mente con tante ispirazioni anche imprevedibili. Ringrazio, poi, i tanti fratelli e sorelle che hanno avuto un ricordo costante nella preghiera per il loro Vescovo. Ho la certezza che questa preghiera sia stata un aiuto decisivo per il mio ministero».

«Amerò sempre la Chiesa di Udine. Riposerò in questa Cattedrale»

Mazzocato ha terminato la sua omelia con un ultimo pensiero rivolto al futuro. «Mi sono chiesto – ha affermato – cosa possa significare per me diventare Vescovo “emerito” dell’Arcidiocesi di Udine. Ho capito che, anche se non avrò più responsabilità di governo, la Chiesa di Udine resterà comunque la mia Chiesa da amare e da aiutare, pur con una certa distanza fisica. Prometto che lo farò con la preghiera e con l’offerta dei sacrifici. Al mio successore, poi, ho assicurato la mia piena disponibilità ad aiutarlo come crederà meglio. Quanti, infine, vorranno tenere un rapporto con me saranno fratelli e sorelle bene accolti. Fino al giorno, deciso dal Signore, nel quale desidererei essere riportato in questa cattedrale per riposare in pace accanto ai miei predecessori in attesa della risurrezione finale.

«Gracie di cûr»

Inattesa, ma graditissima dai presenti, la conclusione dell’omelia, pronunciata in friulano. Una lingua che mons. Mazzocato ha cercato fino all’ultimo di portare all’ultimo riconoscimento liturgico, con l’approvazione del Messale romano in friulano mancata per un soffio lo scorso novembre. «Cjars fradis e sûrs, gracie di cûr pai agns che la providence nus à regalât di vivi insieme e mandi a ducj, tal non dal Signôr».

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