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Commento al Vangelo

«Rimanete nel mio amore»

Dal Vangelo secondo Giovanni, Gv 15,9-17

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

Parola del Signore.

Commento al Vangelo del 5 maggio 2024,
VI Domenica di Pasqua

A cura di don Michele Sibau

Don Michele Sibau

Ascoltando e meditando le letture della VI domenica di Pasqua, in preparazione alle solennità dell’Ascensione e della Pentecoste, possiamo concordare che il filo conduttore è il tema dell’amore, una dimensione mai scontata, sempre attuale e delicata.
Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio. Così san Giovanni apostolo esortava le piccole neonate comunità cristiane dell’Asia minore, introducendole alla più bella definizione di Dio: Dio è amore. In questa semplice frase è racchiusa tutta la realtà di Dio.
Anche noi, destinatari di questo annuncio, veniamo nuovamente sensibilizzati a contemplare l’amore verso Dio e verso il prossimo: la regola d’oro per ogni uomo e per ogni donna di ogni tempo. Amare Dio e amare il prossimo sono il grande programma della nostra vita cristiana.

Nel brano del Vangelo di questa domenica Gesù continua la sua catechesi nei confronti degli apostoli durante la cena. Possiamo considerare questo testo una specie di inno che contiene un profondo insegnamento sull’arte di amare. Nel comandamento che Gesù dona sono due i contenuti che non si possono dividere: amare Dio e amare il prossimo; per chi vuole seguire Gesù queste due realtà sono essenziali e interdipendenti. Il prossimo per Gesù non è semplicemente il connazionale, come prescriveva la Legge, ma è ogni uomo. Amando i fratelli dimostriamo di avere incontrato Dio nella nostra vita e di averne fatto conoscenza.
L’amore vero esiste solo se è libero e spontaneo e cresce nella totalità della persona: con tutto il cuore nell’intensità degli affetti, con tutta l’anima nell’intensità dell’ascolto, con tutta la mente nell’intensità della riflessione, amando con intelligenza non fermandosi soltanto all’emozione.

Cosa chiede Dio principalmente a ciascuno di noi? Di amare e di lasciarsi amare. Semplice a prima vista ma in realtà molto impegnativo da attuare completamente. Quello che dovrebbe distingue noi discepoli è infatti l’amore vicendevole. Diceva saggiamente Dietrich Bonhoeffer, pastore protestante del secolo scorso: “L’amore di Dio è come la melodia principale, il canto fermo, attorno al quale può dispiegarsi il contrappunto degli altri amori. E nasce la polifonia della vita”.
In questa domenica siamo invitati a chiederci che tipo di cristiani siamo. Una domanda che diventa discernimento sul nostro vivere quotidiano. Possiamo vivere pienamente il comando dell’amore solo se scopriamo di essere per primi amati. Se ci si sente amati dal Signore allora si è capaci di vivere, di riattualizzare questo amore. Non si tratta di un comandamento che obbliga ad amare, ma che orienta, perché l’amore è una dimensione assolutamente libera. Amare Dio e non amare il prossimo è, al contrario, il triste risultato di una forma di religiosità piatta e sterile, formata da soli precetti e obblighi da soddisfare. Perfetti nelle ritualità e nell’orazione ma pessimi nella relazione con i fratelli. Per questo è una religiosità inutile.

Gesù anche oggi ci dice: amatevi gli uni gli altri con lo stesso amore con cui io vi amo. Secondo la logica di Gesù, siamo chiamati a vivere un’esperienza profonda, non soltanto religiosa ma anche umana. Quando ci rapportiamo alla vita con questa prospettiva di amore vicendevole le cose cambiano, i rapporti si trasformano perché costruiti non su logiche di egoismo ma di dono. Apriamoci a Dio e al prossimo, e senza timore facciamoci vicini a chi ha bisogno.
don Michele Sibau

don Michele Sibau

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