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Il testamento? «È bene pensarci da giovani»

In Italia sono pochissimi – appena l’8% – i cittadini che hanno stilato il testamento. Così accade anche in Spagna (il 7%) e in Francia, dove solo il 5% ha deciso per tempo a chi lasciare i propri beni. Pratica che invece è particolarmente diffusa nell’Europa del Nord; nel Regno Unito ad esempio il 48% ha lasciato le proprie volontà, in Olanda il 32% e in Germania il 28%. Ma qual è il momento giusto per fare testamento? Perché farlo? E come? Del tema si è parlato di recente a Cussignacco grazie a un incontro formativo promosso da “50&più Udine”, in collaborazione con la locale Società Bocciofila, occasione per chiarire dubbi e perplessità grazie ai consigli pratici dell’avvocato e consulente legale Roberto Omenetto, intervenuto assieme al notaio Gea Arcella.

L’avvocato Roberto Omenetto

Un argomento sul quale solitamente si cerca di sorvolare perché il pensiero sulla propria morte per tanti è una sorta di tabù, ma gli strumenti per fare testamento ci sono e «negli ultimi 100 anni il legislatore ha disciplinato ciò che un tempo non era nella disposizione di tutti, ovvero il patrimonio. Avere una casa e magari un campo, infatti, era un privilegio di pochi; ora proprietà, diritti patrimoniali e in alcuni casi societari, sono invece nella disponibilità di tutti», sottolinea l’avvocato Omenetto.

Dottore, quando secondo lei bisogna iniziare a pensare di fare testamento?
«Bisognerebbe pensare sempre a questa possibilità, perché abbiamo un elemento certo che è la morte che arriverà, ma non sappiamo quando arriverà…».

Lei ha già fatto testamento quindi?
«Io ho sempre fatto testamento dai 25 anni in poi e nel tempo l’ho modificato. Al proposito gli strumenti sono tanti, tra cui uno molto semplice che potrebbe essere il primo per esercitare le nostre decisioni: è quello olografo, scritto di proprio pugno».

Dunque, non è necessario andare dal notaio…
«Il testamento olografo è il più facile ed è previsto dal nostro ordinamento: il vincolo è che sia scritto per intero a mano e che sia sottoscritto alla fine. Può avere la data, disposizioni patrimoniali per quando non si sarà più in vita, ma anche altre disposizioni di carattere non patrimoniale che ovviamente possono corredare il testamento».

E se non si fa testamento?
«Il legislatore ha predisposto che se non esiste sarà lo Stato a disciplinare come distribuire il patrimonio».

Se c’è va sempre rispettato?
«Le volontà del defunto vanno sempre rispettate. Ma nel caso sia utilizzato un linguaggio poco comprensibile è evidente che possano crearsi i presupposti per liti e contrasti nell’interpretazione di quanto lasciato scritto».

Dunque, fare testamento aiuta a non far litigare gli eredi?
«Certo. Anche nel caso di imprese: il ricambio generazionale è un tema delicato».

E chi non ha parenti o figli?
«Anche in questi casi è bene prevedere cosa fare. Le situazioni possono essere tante e diverse. Possiamo fare l’esempio di una persona sposata che non abbia figli. Si pensa che vada tutto al coniuge. In realtà parte dell’eredità potrebbe andare anche agli ascendenti (i parenti in linea retta, ndr.) se ci sono, o in concorso con i fratelli se esistono. Queste cose sono poco conosciute, però è bene che si sappiano».

Il testamento fatto dal notaio è più sicuro di quello olografo?
«Certamente sì, perché è vincolato alla registrazione. Ci sono più forme: quello pubblico, redatto alla presenza di testimoni e poi custodito dal notaio, oppure quello segreto, consegnato già chiuso al notaio»…

L’intervista completa, a firma di Monika Pascolo e Valentina Pagani, è pubblicata sul settimanale “la Vita Cattolica” del 19 febbraio 2025.

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