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La specialità per rilanciare il Friuli e la sua economia

di Roberto Muradore. Pubblicato su “la Vita Cattolica” nr. 1/2024.

Il futuro è da sempre carico di incognite e sorprese e in questa fase del tutto inedita prende corpo un di più di incertezza e di imprevedibilità che troppo spesso diventa addirittura paura. Anche il 2024, quindi, ci farà vivere novità che sarebbe sciocco voler “predire”. Come afferma Lucio Dalla nel suo famoso pezzo “L’anno che verrà”, è, però, opportuno attrezzarsi per affrontarlo. L’ultimo verso della canzone, infatti, recita così: “Io mi sto preparando, è questa la novità”. Ma come prepararsi? A parere mio leggendo correttamente il presente e, proprio grazie ad una sua onesta valutazione, dandosi aspettative possibili e formulando progetti utili e fattibili perché fondati e improntati a un sano principio di realtà.  Questo approccio dovrebbe valere per le persone e ancor di più per la politica che, altrimenti, scade nella oramai dilagante e insopportabile propaganda. Basta con lo storytelling! Chi governa edulcora la situazione giudicandola addirittura positiva e troppo spesso l’opposizione si limita a denunciare le cose che non vanno. E nella nostra regione come stanno le cose? Molto brevemente solo alcune questioni.

è noto a tutti che i problemi economici e sociali non manchino e che nell’ex provincia di Udine siano particolarmente acuti a causa dello stato in cui versa un manifatturiero da anni in affanno e la cui situazione si sta ulteriormente aggravando. Le crisi aziendali che il sindacato deve affrontare si stanno moltiplicando. Essendo l’industria il fulcro dell’economia e del lavoro friulano, essa va sostenuta con convinzione. Pare, invece, che la politica nostrana si sia innamorata del turismo che, come noto, concorre davvero molto poco alla creazione del Prodotto Interno Lordo (Pil) locale e che, a differenza del manifatturiero, è caratterizzato da lavori instabili, precari, ben che vada stagionali e comunque troppe volte mal pagati.

Ho usato il termine mal pagati e non sotto pagati non perché i salari siano buoni, anzi, ma perché è un settore nel quale il lavoro nero è, purtroppo, una realtà.

La vicenda della ipotizzata acciaieria a San Giorgio di Nogaro, inoltre, ha ben evidenziato una crescente attenzione, per altro positiva e necessaria, ai temi ambientali e ha, però, alimentato, non so quanto involontariamente, un preoccupante sentimento anti industriale. E la politica non ha ben figurato in quanto una parte ha tenuto un comportamento contraddittorio e l’altra era come “bloccata”.

Al netto dell’acciaieria non realizzata, mi preme ricordare che quella di San Giorgio di Nogaro è e resta una importante zona industriale che va potenziata e migliorata nelle sue infrastrutture per facilitare le imprese che già vi insistono e per renderla attrattiva per nuovi investitori. O non serve più lavoro industriale tutelato contrattualmente, retribuito decentemente e puntualmente? Se la Regione non dovesse provvedere a stanziare le risorse necessarie a tal fine paleserebbe il suo disinteresse per il manifatturiero e, anche considerando i suoi impegni in altri territori, mancherebbe di rispetto al Friuli.

Ancora, non è accettabile che ci si arrenda all’idea che il declino economico sia ineluttabile. Le imprese, anche quelle che offrono condizioni contrattuali sufficienti o buone, a volte non trovano personale? Si spinga di più su una formazione da progettare con le imprese e che alla fine del percorso dia una reale occupazione. Formazione in aula e nei luoghi di lavoro che dia una prospettiva agli “sfiduciati” nostrani e che coinvolga anche gli immigrati poiché senza il loro concorso le aziende non ce la possono fare. Non è per nulla detto, infatti, che gli immigrati possano fare solo quei lavori umili (?) che gli italiani non fanno più. Le tante risorse che la regione ha avuto e che avrà a disposizione dovrebbero, sempre a parer mio, essere utilizzate non solo in bonus e altri interventi parcellizzati, ma per iniziare a dare soluzioni strutturali e durature. Per fare ciò ci vuole un’idea di Regione che, però, non c’è ancora. La nostra è una Regione a Statuto speciale e potrebbe davvero legiferare bene e in modo organico su tante materie quali l’ambiente, l’energia, l’acqua, l’agricoltura, il lavoro, la povertà, l’industria, ecc…. La specialità va pensata e praticata, non predicata. Vedo e sento sempre più spesso, invece, scrivere e parlare di Nord Est. A dir la verità, così come non avevo capito cosa fosse la Padania, non riesco a comprendere neppure questo fantomatico Nord Est che mi pare metta insieme territori e regioni sì vicini geograficamente ma assai diversi culturalmente, socialmente ed economicamente.

Chiudo con l’auspicio che si arresti almeno in parte l’emigrazione dei nostri giovani fuori regione o all’estero. I giovani friulani non sono sfaticati, come vorrebbe un diffuso luogo comune, e con i loro trolley partono perché qui non trovano occasioni d’impiego adeguate. Neppure decenti. Mi fanno venir in mente, sebbene le condizioni siano assolutamente diverse (infatti allora partivano con improbabili valigie), il “libars di scugni lâ” di Leonardo Zanier. La classe dirigente locale deve sul serio rimboccarsi urgentemente le maniche ed operare perché, come recita il penultimo verso della canzone di Dalla, “l’anno che sta arrivando tra un anno passerà”.  E sono tanti, troppi gli anni già persi.

Roberto Muradore

ex sindacalista

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