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Il grido della terra

Pubblicato su “la Vita Cattolica” nr. 34/2023

«I grandi cambiamenti della storia si sono realizzati quando la realtà è stata vista non dal centro, ma dalla periferia. […] Per capire, ci dobbiamo “scollocare”, vedere la realtà da più punti di vista differenti». Sono parole di Papa Francesco che aiutano a comprendere con quale atteggiamento vivere la Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato, che si celebra ogni anno il primo settembre. Un invito fatto proprio da migliaia di giovani di tutto il mondo attualmente impegnati in “Economy of Francesco” (in sigla “EoF”) un movimento internazionale nato in risposta al “grido della terra e dei poveri” espresso nell’Enciclica Laudato sì. Una chiamata a cui in tanti hanno risposto, pronunciando un “Noi” che sta facendo la differenza in contesti in cui si stanno sperimentando progetti innovativi, buone prassi, modelli di sviluppo sostenibili dal punto di vista ambientale e di promozione umana. «Noi giovani economisti, imprenditori, changemakers, chiamati ad Assisi da ogni parte del mondo, consapevoli della responsabilità che grava sulla nostra generazione, ci impegniamo ora, singolarmente e tutti insieme, a spendere la nostra vita affinché l’economia di oggi e di domani diventi una Economia del Vangelo. […] Non è un’utopia, perché la stiamo già costruendo» si legge nel Patto firmato dai giovani con Papa Francesco. Un anno fa ascoltare quel “ci impegniamo” mi colpì molto. Forse se all’incontro avessero partecipato degli adulti il documento finale sarebbe stato un appello generico rivolto ad altri, del tipo “chiediamo che i politici…”. I giovani hanno scelto di rispondere a livello personale e collettivo alle sfide del tempo che viviamo. Mi hanno ricordato le parole di don Primo Mazzolari: «Ci impegniamo, noi e non altri, […] senza disimpegnarci perché altri non si impegnano».

Il Tempo del Creato è un mese intero dedicato a riscoprire due dimensioni fondamentali della conversione a cui siamo chiamati: quella personale e quella comunitaria. Responsabilità rispetto agli stili di vita che assumiamo e alle “obiezioni di coscienza” su cui – in primis a livello di linguaggio e di opinione – siamo interpellati nel contesto pubblico. Quale posizione assumiamo come cristiani di fronte ai modelli di consumo e alla tutela dei beni comuni, allo sfruttamento delle risorse del pianeta, alla cooperazione internazionale e all’accoglienza dei migranti?

Ci interessano le connessioni tra la proliferazione delle armi e la cultura della guerra, il rapporto tra finanza e l’economia reale, la necessità che il lavoro rispetti la dignità delle persone, l’impegno per ridurre le disuguaglianze nell’accesso al cibo, all‘istruzione, a condizioni dignitose di vita? Secondo il Global Footprint Network il 2 agosto è stato raggiunto “l’overshoot day” 2023: abbiamo consumato globalmente le risorse che la Terra è in grado di rigenerare nel corso di un intero anno solare. I paesi impoveriti dall’attuale colonialismo economico – quelli da cui si estraggono le materie prime necessarie al benessere dei Paesi cosiddetti “sviluppati” – sono i più colpiti dall‘impatto dei cambiamenti climatici. Che spazio trovano questi temi nelle nostre liturgie, nella catechesi, nelle scelte etiche di vita quotidiana personali e collettive? La risposta a questa complessità può essere cercata solo in una dimensione comunitaria, testimoniando un dialogo ecumenico e interreligioso che abbia il sapore della fraternità.

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